lunedì, marzo 14, 2011

In controtendenza col Mondo, aka "it's the End of the world As we know it, and I feel fine"

Comunque tutto bene.
Sarei curiosa di vedere il mondo ammantato di una nube di scarafaggi da day after.
Questo blog è partito con un mucchio di post allegri e vitali e ironici, ed è cresciuto con me attraverso sofferenze più o meno grosse e più o meno importanti, dall'assenza del paio di calzini puliti a quella del compagno di vita a quella del lavoro e della gioia di vivere, ed è arrivato qui che adesso ho già 26 anni e son diversa da quando ho cominciato, sette anni fa.
Ormai.
Comunque posso dire che il mondo è andato sempre peggiorando, e io migliorando, e adesso che siamo alla fusione del nocciolo e alla possibile strage nucleare, ecco che io sono in una delle fasi più felici della mia vita.
Sarà un caso?

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Tempo fa ti chiedevi se per scrivere si doveva per forza non essere felici (non lo dicevi proprio così!!!).
Come va ora con la scrittura?
Non è un bell'argomento e un bel motore la felicità?
Un abbraccio
Zia Yoghi

Choppa ha detto...

Macchè. Son ferma! Non scrivo niente da un sacco di tempo: ecco la conferma che per scrivere bisogna essere infelici.

daniela ha detto...

E'solo che devi imparare a scrivere diversamente. Non c'entra niente l'infelicità con la scrittura, anzi. e' una trasformazione pure quella.Io mi sono iscritta al corso anche per questo motivo, e devo dire che sto veramente capendo tante cose grazie ai miei insegnanti.Tra queste, appunto, che quando si è felici si scrive meglio (si fa tutto meglio) e che la scrittura è un'arte che come le altre ha bisogno di conoscenza, regole, esperienza, fatica, impegno etc. Tutte cose che si fanno meglio quando si sta bene.;-))

Choppa ha detto...

Per me la scrittura, proprio essendo un'arte, richiede sì impegno, regole e fatica, ma anche una profondità che viene, se non proprio da un'infelicità o un dolore estemporanei, almeno vissuti in passato. Per scrivere bene, cantare bene, dipingere bene penso che ci si debba buttare nella vita e lasciarsi graffiare, se no quello che viene fuori è solo anima imbrigliata nelle regole. Credo, eh!

daniela ha detto...

Sì, buttarsi nella vita certo, ma saper gestire la vita anche. Altrimenti sarebbe come dire che per diventare bravi scrittori bisogna essere incapaci a vivere. Il che non è vero.
Io penso che proprio noi buddisti dobbiamo impegnarci molto per cancellare lo stereotipo dell'artista infelice e diffondere invece quello dell'uomo (o donna) felice, realizzato, pieno di umanità e di valore che ha saputo portare tutto questo anche nella scrittura. ;-))

Choppa ha detto...

Sì sono d'accordissimo, il punto è che per me vivere la vita significa anche non avere paura del dolore, non rinnegarlo né infossarlo per non vederlo; per me vivere significa prendere atto sia della felicità che dell'infelicità, e scrivere significa saper raccontare entrambe le cose.
E poi, sono empirica, quindi penso che per raccontarle bisogna averle vissute!
Attraverso la scrittura spero di poter raggiungere la felicità, che è poi il principio della catarsi. Per ora questo avviene soprattutto col buddismo, però!

daniela ha detto...

;-)))

Riuscirai a fare entrambe le cose, ne sono certa.
Anzi, RIUSCIREMO a fare entrambe le cose, perché in tutto questo calderone di dubbi mi ci metto dentro anch'io! ;-))
Bacio!