venerdì, gennaio 11, 2008

Changements

Che indulgenza verso se stessi, che invito all'approfittarsi delle situazioni, delle suggestioni:
che delitto, Parigi!
Che brutta, violata dai torpedoni en face à la Concorde, che ricca nel boulevard Saint Michel, nei giardini turgidi del Luxembourg, nelle lettere, nei libri antichi, nelle merci.
Parigi giace nelle sue vetrine.
Oeufs durs mayonnaise, teiere, formaggi, scarpe, sciarpe, paté, locandine di vecchi cabarets, macchine fotografiche, riviste, vasetti di marmellata, pullover, profumi, cappelli, rossetti, quaderni, maglioni e baguettes.
Quando ha cominciato a cambiare?
Chiunque sorride, volentieri ti indica la giusta fermata del metro, un macellaio ti serve le migliori rillettes, ti si offrono rose, ti si guida attraverso l'illusione galante del dicembre infinito.
Solo quattro anni fa se non stavo attenta il cameriere mi sputava nel puré.
Le strade sono pulite, per non parlare del metro: la fermata Cluny-La Sorbonne rimessa a nuovo da fior fior di architetti blasonati, sicura e splendente anche all'una di notte. L'ultima volta per prendere l'ultimo treno mi sono dovuta registrare all'ambasciata.
Quando ha cominciato a cambiare?
Era tutto un mademoiselle, un tu me fais tourner la tete, le famigerate luci e i famigerati panorami al posto giusto, tutto vicino, quando quattro anni fa per andare dalla Tour Eiffel al Pompidou ci mettevo sei ore, due pedalini e seimila madonne.
L'ho vista meglio che mai, l'ho vista che quasi quasi mi faceva cambiare idea e venir voglia di tornare.
Il culo dell'angelo alla Bastiglia non più l'emblema del sentimento locale verso di me, ma perfetto esempio di fulgida scultura patriottica.


E place des Vosges. Oh. E la decadenza della nuova Opèra.


Il pain au chocolat fresco tutte le mattine, le tartine al paté regalate dal salumiere, con i complimenti della casa e bon appetit, le passeggiate lungo il quai e il silenzio irreale della domenica mattina.
Appena arrivati, poi, la minaccia del divertimento.
Dove andiamo il 31? Fuori dai vari restaurants e bistrot, menu reveillons vaneggianti prezzi dai 50 euro a cranio, amici ci avevano avvertiti: "agli Champs Elysées non si fa niente, c'è solo un gran carnaio d'italiani, in tremila a congelarsi come imbecilli aspettando il sommo esplodere dei festeggiamenti, mentre in realtà il sindaco son tre anni che non mette neanche un orologino con il conto alla rovescia. Guardate, tanto vale stare in hotel".
E al terzo avvistamento di "menu sushi reveillon à 40 euro par personne" quasi quasi desistiamo.
Invece, alle ventuno, un foglio strappato da un bloc notes appiccicato a un vetro ci costringe a decidere di cenare fuori. 3 portate più aperitivo a 20 euro.
L'atmosfera è quella del bar sport: il proprietario, emozionato nel vederci agghindati per le feste, ci accompagna a un tavolino. Nei bicchieri, un tovagliolo di carta rosa.
Annuncia cerimonioso il menu: "Vous avez l'aperitivo, la terrina di paté con verdure, l'arrosto con patate e il dessert, e naturalmente un quarto di vino!".
Siamo noi e la decina di vecchi amici e habitués, che se ne stanno al bancone scolando Ricard e lanciandoci occhiate curiose. Ogni tanto qualcuno s'inchina e ci offre l'augurio di un felice appetito. Ci guardiamo diveriti e caldi, sentendoci a casa, mentre il cuocone dal grembiule macchiato ci dice "Ca va?" ciucciando uno stecchino.
Alla fine dell'ottimo pasto, quando per la terza volta suona il disco "Best of 80's" e i cammionneurs de quartier ci conoscono ormai per nome, ringraziamo tutti e ci viene offerto un "liquorino di fine anno" paragonabile come sapore e ignominia d'intenti solo all'antigelo Paraflu.
Gentilissimi.
Modesti.
E lo stesso alle gallerie LaFayette, dove addirittura mi porgono i complimenti per il buon francese, e lo stesso in ogni dannato negozietto, galleria d'arte, caffé, bistrot, metro.
Ben accetta nel giardino di Notre Dame, amata nell'undicesimo come nel settimo, abbracciata da Parigi che mi conosce molto meglio di quanto non abbia mai imparato a farlo io.
Quand'è che ha cominciato a cambiare, eh?
E quand'è che io, invece, ho smesso di farlo?


7 commenti:

Paola ha detto...

Ma che bel viaggio Choppa!!!
Quasi quasi fai venire voglia anche a me di tornare a Parigi... Pensavo che i parigini gentili fossero come i quadrifogli: alcuni dicono di averne trovati, ma io non ne ho mai visti.

Tra Ratatouille di ieri sera e il tuo post di oggi ci sto facendo un pensierino... :)

Mimmo ha detto...

Che magnifico resoconto!
...noto con piacere che la capitale francese si sia "ripulita". Io ci sono stato qualche anno fa e mi aveva impressionato molto...ma in negativo!!!!

ci farò un pensierino prossimamente! ;)

ciao!

Anonimo ha detto...

Ciao, Choppa!!!
Che bello questo post...ed anche la foto-tutta-teiere... Sono contanta che il tuo viaggio sia andato così bene: io non sono mai stata a Parigi, ma l'ho sempre immaginata come una città-nuvola, in cui l'aria stessa, il fascino di forme e luci, il suono delle voci che l'affollano...ti creano un mondo incantato intorno, dove per qualche minuto, ora o giorno puoi sognare di essere a tuo agio, di avere trovato l'amore della tua vita, di non avere problemi...
Il tuo post mi ha riportato in questo mondo immaginario, grazie. E mi piace il contrasto delle brevi frasi ciniche del cameriere sputacchiatore con la meraviglia delle immagini felici. Scrivi ancora!
E tu Parigi, trema perchè sto arrivando!!!
Bisous,
Penny Lane

DRESSEL ha detto...

vabbè...ma non è giusto! mi fai venire voglia di partire subito!!!

Zeno ha detto...

bentornata e per festeggiare a casa mia con il pollo allora!
yuppie!!!

alice ha detto...

Paris mon amour...
Mio malgrado devo ammettere che Parigi è per me la città più bella vista finora. Siamo partiti in macchina e faceva un caldo bestiale. Valigie, una padronanza del francese pressochè nulla ed una copia di atlas corredato di glosse da Magda (ti pregherei di non ricordarle che è ancora in mio possesso) personalizzate su misura per me (e per lei!) del tipo:
1) il cappuccino in francese è cafè au lait
2) visita il cimitero di Père Lachaise
3) Belleville (Pennac, mon dieu!)
4) non tornare senza una bustina di zucchero del cafè du Lac
Un po' del mio cuore è rimasto là. (e parte dei miei muscoli si trovano ancora ai campi elisi...)
Alla festa dell'unità non ci sono venuta, ma sono passata lo stesso per un salutino...
alice

guccia ha detto...

Sì, è cambiata. Sarà la bontà delle feste, io l'anno scorso c'ero a Natale.
Bello :)