Tregua

Lo diceva Billy, "despite all my rage I'm still just a rat in a cage".
L'empatia che mi lega alla buona zucchetta pelata non mi esime dal sentirmi precisamente nella maniera succitata (si sente che ho ricominciato a studiare il manualone di poetica e retorica?).
Le mie settimane scorrono come videoclip dei Rancid girati da un regista miope, e di ognuna di esse ricordo solo qualche intenso fotogramma fiammeggiante.
Un letto sfatto, un tubetto di tempera gialla senza tappo, un guardrail sfiorato per un pelo, le sopracciglia di O. quando ripete les verbes, il display del telefono che s'illumina, il tè alla menta che scende dall'alto in un bicchiere bordato d'oro.
Un'infornata di bruschette al pomodoro.
La pace della casa e il delirio dei mille lavori organizzati in giro, l'ultimo esaurimento consumato tra il piumino e le lenzuola, con la testa tra le ginocchia a piangere tutte le angosce che festeggiano nel petto.
Unica compagnia il solito pelatone con le occhiaie, che gira folle stando sempre fermo nel piccolo vano del lettore cd: "I'm your lovaaaaaa, I'm a zeeeero".
Così ho deciso: me ne vado, gente.
C'è il ponte, parto.
Addio ai bambini che non afferrano la complessità grammaticale degli aggettivi inglesi (santo Dio, non è che siano proprio difficilissimi eh!), addio al corso di cucina sempre più disgregante e caotico, addio alle lezioni di scuola guida e alle loro tragedie mancate per un pelo, addio al pelo, addio ai piatti da lavare e addio alle cene da preparare.
Mi aspetta l'insostenibile leggerezza di Ferrara,le sue luci sottotono, le piazze strette, le vie deserte, la spiaggia di sassi di corso d'Este.
Fate come se non ci fossi.