sabato, maggio 24, 2014

Campagna elettorale



Mi erano avanzate due melanzane in frigo. Prima che appassissero del tutto le ho fritte e poi scolate in una padella già piena di soffritto di cipollotti e capperi, poi ho aggiunto il pomodoro, l'aceto, il sale, lo zucchero e alla fine pure cinque o sei foglie di basilico colte dal mio rigoglioso balcone. 
Ho cotto il tutto per mezz'oretta finché le melanzane non si sono bell'e spappolate, ben integrandosi al sugo e al contesto politico attuale. 
Domenica si eleggerà il sindaco anche nel mio paesino, che agita le fronde e scalda i tratturi, assistendo con ottimismo stoico al proliferare di cartelloni e supporti metallici, banchetti informativi e imbarazzanti volantini di blanda propaganda.
Diciamo pure che il mio paese se ne frega. Non in senso cattivo, non come in quella poesia di Montale sul male di vivere dove l'unica a essere felice è la statua perché dei dolori terreni, come solevano dire gli ermetici, se ne sbatte. 
No, il mio paese cresce. Ha i meli che piantano le radici sulle strade. Sulla faccia del sindaco uscente balla l'ombra del fogliame. 
Sono stati un inverno e una primavera piovosi, il fiume è pieno, ma non ha mai minacciato gli argini. Se si cammina lungo il suo corso ci si sporcano le scarpe e non si vede il municipio se non da dietro le magnolie. 
Il suo mercato è quattro bancarelle di vestiti e una di pesce fresco. 
Alcuni candidati dicono che sarebbe ora di rimodernarlo, prospettando joint ventures di contadini biologici e casari del territorio. Altri invece sostengono che non ci sia niente da fare, che il possibile è già stato fatto anzi forse persino l'impossibile, coi pochi soldi che ci sono. 
Le colline cambiano colore a seconda delle ore del giorno. 
Un anno è passato il Giro d'Italia. 
Qualcuno aveva colorato di rosa una baracca lungo il percorso dei ciclisti, e i miei vicini di casa hanno esposto uno striscione con su scritto in gigantesco 
"Ai nostri bei atleti in bocca al lupo",
ripreso  in diretta europea da tutte le reti mentre le ruote sfrecciavano e per poco i bei atleti non si schiantavano contro il guard rail, sulla scia della curva o dell'errore ortografico, non so.
Attorno alla piazza deturpata da un cantiere lasciato a metà, a sinistra delle macerie, si vedono spesso bambini giocare a pallone. 
Poco prima delle elezioni, l'amministrazione ha assoldato un muratore che con una ruspa ha cercato di portare via qualche mattone, e mentre la gente era in macchina in coda, osservava la scena con la bocca all'ingiù.
Dietro le case rosse ci sono delle arnie con le api regine. 
Hanno aperto un ristorante che vende carne argentina e un distributore di detersivi che per un periodo è stato chiuso per accertamento fiscale; poi tutto a posto, Bollicino è ritornato a funzionare.
Verso aprile arrivano gli autoscontri, le mosche e gli spettacoli al palazzetto dello sport. I bimbi e gli anziani si ritrovano insieme a rovesciare gelati. 
Ogni mezz'ora passa l'autobus che va in città e dondola accanto alla cartoleria e alla sala da tè, al fornaio nell'edificio in stile tirolese, al negozio di sementi e mangimi per animali, alla scuola guida con i branchi di adolescenti, alla pizzeria d'asporto che fa anche il kebab e al parcheggio del prete con il tavolo da ping pong. 
Qualche sera proiettano un film in biblioteca, o c'è un incontro sulle piante officinali. 
I film parlano tutti di guerra e distruzione, cose difficili da curare con la lavanda. 
Quì la resistenza si sente ancora molto. 
Certi giorni dell'anno si innalzano sui lampioni le bandiere. 
Nelle strade secondarie sono nate schiere di casette tutte uguali con un bel giardino e spaziose tavernette.
Gruppi di gatti riposano insieme. 
Nel mio paese si sente, ad ascoltare bene, un rumore come un gorgoglìo che però non è il fiume; non è la moto del postino né lo strillo delle multe o il fruscìo dei sacchetti pieni di pane, e non sono le serrande delle botteghe, né il fumo sottile delle lamentele in fila.
E' un suono che si avverte di pazienza eterna, di panchine di legno al sole; l'impercettibile altalena dei salumi appesi nei garage. 
E' un sottofondo di calma, di tempo che cammina, un respiro profondo di terra che continua. Di gente che non la smette di nascere. Di persone nuove. Di ragù e cous cous. Hai voglia a fare finta che nulla succeda. Hai voglia a tentare di ignorarne il suono. 
Il mio paesino cresce, i bambini fanno amicizia. 
Ieri ne ho incontrato uno con la faccia dipinta da puma. Dal niente, mi ha preso la mano e mi ha salutata prima di andare con sua mamma a fare la spesa alla coop. 
Fino a martedì Faccia da puma non andrà a scuola. Ci sono i seggi, le bidelle puliscono per tre giorni dopo le elezioni. 
Ma il suono non andrà via nemmeno con la varechina. 
Nel mio paese, ogni giorno c'è chi supera in macchina il limite di velocità.  
Ogni giorno è ricco di una profonda meraviglia.  




Nessun commento: