martedì, aprile 15, 2014

Baby sings the blues



D'altra parte, se questo blog ha come indirizzo "soulproudchoppa", e il suo titolo ricorda un classico della black music, un motivo ci sarà.
Ho cominciato a scriverlo un sacco di anni fa ormai (quasi dieci. Caspita. Ha l'età di un bimbo che si affaccia alla pre adolescenza. Il periodo più brutto della vita. Speriamo di andare in controtendenza...); e l'ho aperto per un motivo ben preciso:
scrivere delle mie passioni.
E la mia prima vera passione qual è stata? La musica soul.
A undici anni (nel periodo più brutto della vita) ho visto per la prima volta The Commitments  , e poco tempo dopo fortuna volle che uscì per Repubblica una serie di musicassette (!! ...niente come la tecnologia del terzo millennio riesce a far sentire decrepiti i giovani del terzo millennio), tutte dedicate alla musica soul.
Cominciò lì il mio periodo monomaniaco.
Ascoltavo solo soul, cominciai a prendere lezioni di tromba nella speranza di diventare brava come Miles Davis, anche se poi mi fermai al saper suonare le prime note della Pantera Rosa.
Cantavo, cantavo un sacco. Di tutto. Mi piacevano soprattutto Sam Cooke e Otis Redding.
A tredici anni andai a trovare una mia amica di penna (niente email all'epoca, gente), e al mercato mentre lei si comprava magliette dei NOFX e spille da balia, io sceglievo greatest hits di Aretha Franklin.
Portavo una felpa di Pippo e ascoltavo i canti degli schiavi afroamericani.
Nessuna sorpresa che alle medie mi sentissi un po' fuori posto...
però quella era la musica che mi piaceva, e non potevo farci niente.
Lo Spirito del Soul si era impossessato di me!
Credevo anche di essere brava a cantare.
All'esame di ingresso al Conservatorio me lo dissero subito: "hai una bella voce, perché non fai canto?" e io invece scelsi tromba, con pessimi risultati.
Mi vergognavo di cantare. Riuscivo a farlo come volevo solo mentre mi asciugavo i capelli, con il phon a tutta potenza per mascherare la voce. E'come se sentissi che quando lo facevo mi trasfiguravo; veniva fuori una parte di me così potente e così simile a chi ero veramente da spaventarmi.
Una volta, verso i quindici anni, ero da sola in casa e mi misi a cantare a squarciagola "I never loved a man" di Aretha Franklin, solo che proprio sul più bello entrò mia madre che mi chiese, sconvolta:
"ma perché canti così?"
Allora mi sono sempre un po' nascosta.
Ci ho riprovato tante volte...
in un coro gospel abbastanza grande e conosciuto nella mia città, ahimè gestito da un dispotico con la fissazione per gli appunti.
Alle prove dovevamo sempre portare una matita per segnare le parti, se no non potevamo cantare.
Lo abbandonai dopo un solo concerto, a diciassette anni.
Più tardi, chiedendo ai miei amici che suonavano la chitarra.
"Come canti bene, dai, facciamo qualcosa insieme", ma alla fine non si è fatto mai.
Un po', sospettavo, a causa del mio aspetto. Nessun adolescente con velleità grunge desidera farsi vedere alle feste d'arte della scuola con una cicciona come leader.
E un po' perché, appunto, le velleità erano per lo più grunge. Non soul o rhytm 'n' blues.
Ma principalmente, come per tutte le cose, era perché non ci credevo.
Poi ho conosciuto Marco, il mio ragazzo bassista, e Marco ha conosciuto Cesare, pianista.
"La mia ragazza canta" ha detto Marco. Mettiamo su un gruppo.
Solo che anni di repressione, paura, fallimenti, lasciano qualche incrostazione.
Ve l'ho detto, la vergogna mi ha sempre fregata.
Alle prime prove non riuscivo a cantare con trasporto, avevo sempre il terrore di sbagliare. E poi il repertorio era nuovo, in realtà, per me: blues duro e puro, quello asciutto e umido insieme, non le ballad sbrodolone che ero solita cantare facendomi la piega.
Come vi raccontavo un mese fa, ho deciso di andare a lezione.
Lì ho conosciuto Paolo, che si è messo a grattare con pazienza tutte le mie ruggini.
E dopo un anno, ero pronta.
Abbiamo trovato anche un batterista galattico, Mario.
E sabato scorso ha debuttato il mio quartetto blues.
Ci chiamiamo "Dina Moe & The Slowmen", proponiamo brani di Fats Domino, Big Joe Turner, Etta James, Big Mama Thornton e Nina Simone; abbiamo suonato in un pub non lontano da casa nostra strapieno di gente sudata che ballava e godeva del nostro divertimento, che rispondeva al lancio dei miei cori, che si lasciava trasportare dal nostro blues.
E mi sono lasciata trasportare anch'io.
Chissenefrega se nei video sembro una specie di Barbapapà che muove il culo a pera.
Per questo tipo di musica, il physique du role ce l'ho eccome.
Alla fine del concerto la gente non voleva che smettessimo di suonare.
Una mia amica - ci conosciamo da poco tempo - mi ha detto "ma tu ok, scrivere puoi scrivere a tempo perso, ma di mestiere devi fare questo".
Ancora qualcuno che mi dice cosa devo fare, quale sarebbe per me la migliore direzione.
Io non lo so, veramente, ma di certo ho voglia di continuare, e di star poco a sentire i suggerimenti altrui sulla mia vita.
Ho 29 anni, posso andare in giro a fare concerti, per lasciare libera di esprimersi quella passione che è stato il motore di tutto il resto. Il mio primo amore.  Non pensavo ci sarebbe voluto così tanto per arrivare a farlo, ma d'altra parte, se fosse facile non avrebbe lo stesso senso, giusto?



3 commenti:

lucanellarete ha detto...

brava, bravissima
c'è modo di recuperare un po' di vostro materiale audio?

fabrizio26265 ha detto...

Brava Marta, raccogli gli applausi che meriti. Un bacio

Choppa ha detto...

Grazie amici,
sì presto saranno online i nostri demo(es).
Un bacione a voi che non vi sento da un sacchissimo!