mercoledì, marzo 05, 2014

Quando ho deciso di non mollare





Ieri è successa una cosa che più che farmi pensare mi ha fatto sentire profondamente, là dove si annidano vuoti cosmici e strombazzate, dubbi ansie e malcontenti, che esistono le schiarite.
Buffo percepire una cosa del genere proprio sotto un acquazzone del diavolo, con gli stivali zuppi e i capelli fradici, eppure proprio questo ho sentito: il sole dentro.

Ieri era il 4 marzo e come in tanti sanno, era il compleanno di Lucio Dalla. Quando è morto Lucio Dalla, due anni fa, scrissi su questo blog un post per raccontare cosa significasse nella mia vita un personaggio come lui.
Da allora di cose ne sono successe tante: un libro nuovo, la mia definitiva guarigione, tante torte salate, tanti nuovi amici, un nuovo gatto e due nuovi lavori...e non c'è stato giorno che non abbia ringraziato davvero ogni piccola cosa della mia vita:
la macchina che si accendeva se giravo la chiave, l'alzarmi dal letto e sentire sotto i piedi il pavimento, la disperazione delle brutte notizie, il saliscendi ormonale delle mestruazioni, il prendere treni.
Uno sgabello.
E ieri c'era questa manifestazione che si chiamava "Sotto casa di Lucio": sotto un temporale atomico centinaia di ombrelli aperti di tutti i colori e cappotti scuri a tempo con le canzoni di Dalla, proprio davanti al balcone della sontuosa casa in cui viveva, e mentre stavo lì sotto ad ascoltare, qualcosa è successo che mi è esplosa nella testa e nelle viscere come un'epifania (o una cena tipica calabrese), e allora la parola "grazie" ha assunto un significato universale e splendente.

In questi  anni, tra le altre cose, ho deciso di seguire un corso di canto.
Era da tanto che ci pensavo.
"Voglio cantare" è stato un desiderio che è andato di pari passo con la consapevolezza -amara- del dover imparare.
Così mi sono iscritta al corso di canto del Teatro del Navile, un teatrino a due passi dalla casa di Lucio.
E dopo due mesi lo volevo mollare.
Non ero abituata a sentirmi dire le cose in faccia, e il mio prof è uno che non si fa remore. Non a caso è il talent scout di una delle etichette italiane più interessanti.
Se fai schifo te lo dice. Se devi lasciar perdere, pure.
Così, per mesi mi sono sgolata e straziata e incazzata su pezzi difficilissimi, respirazioni e apertura delle vocali fino a non poterne più, fino a dire "basta, bona lè, mi son scocciata, va bene cantare ma anche solo per divertimento. Non importa eccellere e sputare sangue. Chissenefrega di Impressioni di settembre".
Poi qualcosa è scattato, non lo so, mi sono detta:

"Fanculo, no. Io mi sfido"

e ho continuato a seguire le lezioni.
Ho terminato l'anno, il mio modo di cantare è cambiato completamente: ho molta più fiducia in me e adesso finalmente posso presentarmi su un palco senza aver paura. Non solo di steccare. Ma proprio senza paura di niente.
E in questo anno di canto, beh, ragazzi, ho fatto quella cosa che ieri mi ha permesso di percepire il sole sotto la pioggia.
Ho parlato al mio prof di un mio amico, Adriano Modica. Chi legge da un po' questo blog sa di chi parlo: è un cantautore bravissimo, per me il migliore in circolazione, mio collega nell'arte dell'essere il peggior nemico di se stesso.
Quando ho deciso di non mollare, ho detto al prof: "si ascolti questo disco. E' di Adriano Modica. Il basso lo suona il mio ragazzo".
Il prof l'ha ascoltato, mi  ha detto "bravo, questo Modica. Un po' difficili i pezzi, però. Ci penso su".

E ieri sera, insomma,
da quel balcone pieno di piante pendenti, sopra gli ombrelli in mezzo alla pioggia battente, in controluce nella casa di Lucio, eccolo là che suona, Adriano Modica. Ammirato come merita da tutti: dal pubblico zuppo, dagli amici, dai collaboratori e dai parenti di Dalla.
Parte con "La signora" , lento, così come lento ha vissuto in questa città non sua, a suonare, a organizzarsi per non mollare.

Non mollare mai. Un 'espressione che non mi è mai piaciuta, da coro allo stadio, da faciloni.

Ieri però ho visto cosa vuol dire. Vuol dire che nella vita, ogni giorno, accadono cose che da principio ci sembrano impossibili da affrontare. Che ci fanno scappare a gambe levate, prima con la testa e poi con i talloni. Che spesso ci appaiono tanto pesanti e dure da superare, che sembrano non avere un significato. Le lasciamo perdere, le liquidiamo per quello che sono: difficoltà che potremmo far finta di non vedere.
Intralci.
Beh, sono quegli intralci a farci vedere davvero il sole sotto l'acquazzone. Magari dopo anni. Magari dopo lacrime e sangue, ma sono proprio quelle le cose che bisogna ringraziare.

Non mollare, vuol dire che quando Adriano è apparso sul balcone, io dentro ho sentito una luce scaldarmi da dentro, e un "ecco qua. Ecco cosa succede, a sfidarsi sempre. Ad andare avanti senza aver paura di niente. A dire ai nostri limiti: faccio come mi pare. Quando si decide di non mollare, ecco cosa accade".

che si piange, si ringrazia muti e con tutto il cuore, e ci si mette a ballare.




la bellissima foto è di Giovanna Catalano 

3 commenti:

Unknown ha detto...

senza parole...

Unknown ha detto...

senza parole...

stefania ha detto...

Faccio come mi pare, questa è la mia vita!