martedì, ottobre 22, 2013
Felici
Sento un sacco di giorni cadermi dalle tasche come monetine, cerco un lavoro e nessuno mi risponde: sono rimasta senza soldi.
Non mi arrendo all'idea del periodo difficile, della forza superiore, del sistema che ci vuole poveri e sottomessi.
Credo fermamente nella capacità di ognuno di noi di cambiare le cose, di trovare la forza e la felicità di cui ha bisogno.
So perfettamente perché non ho soldi, e non c'entrano niente la crisi, il periodo, la sfiga, lo spirito nefasto di Nonna Sberla che aleggia e inalbera le forze protettrici della vita, no no, sono io, dipende tutto da me: non credo abbastanza in me stessa.
Non riesco a scrivere il nuovo libro.
Ieri sera ho visto un film che si chiama "Ruby Sparks": parla di uno scrittore che non riesce a scrivere e fa tutto quello che fa uno scrittore che non riesce a scrivere, e cioè: dannarsi perché non riesce a scrivere.
La settimana prima ho visto un altro film che si chiama "The Words": parla di uno scrittore che non riesce a scrivere e fa quello che uno scrittore che non riesce a scrivere non dovrebbe mai fare, e cioè: rubare il manoscritto di un altro scrittore e spacciarlo per suo.
Il mese scorso ho visto un ulteriore film che si chiama "Secret Window" e parla di Johnny Depp che fa lo scrittore che non riesce a scrivere e fa quello che uno scrittore NON DOVREBBE MAI, ASSOLUTAMENTE fare, e cioè: uccidere qualcuno per riuscire a scrivere.
Mi immedesimo sempre in questi sfigatini magri con gli occhiali che bevono litri di caffè, si sbronzano e passano le giornate in stato semi catatonico involtinati nei piumoni.
Le uniche differenze, quelle che mi lasciano un barlume di profilo identitario, sono il fatto che non porto occhiali, i chili in eccesso, il sesso, e che per fortuna gli alcolici li uso solo per cucinare.
Per il resto ci siamo, piumoni e seghe mentali comprese (per fortuna niente cadaveri. Per ora).
Solo che sono un po' stufa di questa situazione, di questo loop autodistruttivo che si porta dietro zuppe di avanzi, creatività frustrata e agenti incazzate. (Per ora solo agenti letterarie; più avanti, forse, chissà, se do ascolto a Johnny Depp, anche della polizia).
Allora ho deciso che in questi giorni mi guardo delle gran repliche di Lorraine Pascale che si produce in torte da leccarsi baffi, belle come dei Renoir, e lascio da parte per un po' tutto il versante "cinema letterario".
Anche perché:
1-come mai tutti gli scrittori sono uomini?
2-perché prima o poi incontrano sempre una fidanzata con le clavicole in evidenza e i collant 60 denari bordeaux?
3-perché vivono in case di legno con tappeti etnici sul pavimento e credenze ricolme di Southern comfort e non devono affrontare eventi nefasti quali la bolletta sui rifiuti o il vomito del gatto sul bucato appena steso?
Secondo me chi scrive può essere anche donna, povera, single, con una casa arredata malissimo.
Ma soprattutto, può essere felice.
Così, senza un libro finito da consegnare il giorno dopo, senza un'idea precisa, con i ladri che sono entrati in casa e le hanno spaccato un vetro, e o si ripara il vetro o si fa la spesa.
Con la spesa appesa al braccio e il gambo di sedano che sbuca dalla sporta.
Con il futuro che le cresce dentro, con se stessa che le preme da tutte le parti per uscire.
Con gli amici da vedere e le bollette da pagare, con i problemi quotidianissimi e banali, con o senza figli, con o senza radici alle quali aggrapparsi.
Una per scrivere mica deve essere chissà che. Per pubblicare un libro non ci vuole niente: un po' di talento, o una storia carina, o molti soldi per pagare un editore, un minimo di stile, magari, anche se non è fondamentale. Un'idea, anche di seconda mano.
Ma per essere felice?
Per essere felice durante tutto questo, durante la scrittura, durante i giorni di piumoni e bollette?
Ci vuole un rimbombo che ti scuota le pareti del corpo.
Ci vuole che si aprano gli occhi e le braccia ai giorni.
Ci vuole capire che scrivere non è un mestiere, non è pubblicare un libro, non è vederlo su uno scaffale del supermercato, non è dire agli altri come farlo, non è ricevere la percentuale sulle vendite, non è preoccuparsi delle scadenze, non è uno status su Facebook, non è una voce sul curriculum, scrivere è vivere.
Scrivere è la vita stessa.
E più è avventurosa, più è ricca. più è tortuosa e dolorosa e aperta, più è immensa, e più è degna di essere scritta.
Sta a chi vuole scrivere l'onore di coglierla, perfetta com'è, felici per tutto quello che arriva.
(persino della bolletta dell'Hera).
Non è che sia facilissimo, ma è un cavallo imbizzarrito che vale la pena provare a cavalcare.
...chi lo dice agli sceneggiatori di film sugli scrittori?
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1 commento:
Ti capisco su tutto, e non mi serve questo grande sforzo di comprensione. Sono senza soldi, non trovo un lavoro e non riesco a scrivere il nuovo libro. Forza Marta! :*
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