domenica, marzo 03, 2013

Decomprensione

Sono cioccati due computer nel giro di dieci giorni, e cioccati significa partiti, rotti, kaput, kaboom, e due computer, disgraziatamente, significano il mio e quello di Marco, e così anche i nostri conti in banca sono cioccati in men tempo che non si dica "miseria".
Perché vivere senza computer, abbiamo capito, non si può più.
Tanti anni fa, quando scrivevo su questo blog delle mie avventure all'università e pur non sentendomi spensierata, beh, lo ero lo stesso, ricordo che a un certo punto mi si ruppe il pc e un pomeriggio, mentre passeggiavo per Bologna, mi venne una voglia così intensa di aggiornare il blog da catapultarmi nel primo internet point e scrivere.
"Scusate l'assenza ma mi si è rotto il computer. Presto lo ricompro!"
Sentivo che avevo voglia di comunicarlo ai miei lettori, a chi aspettava il mio post, e allora non c'erano altri modi, social network, ingorghi del genere, smartphone con i quali imporre la propria foga. 
Non lo ricomprai tanto presto. 
Andavo in biblioteca per scrivere un po', o nell'aula computer della facoltà di lingue, con le sue tastiere sudaticce e l'odore di decompressione. 
Ci misi tempo, per riprenderlo. 
Adesso no, non ci riesco.
Non ci sono riuscita: non so aspettare più tanto tempo, e ho uno smartphone che uso per lo più per andare su Facebook, fare foto e tenere aggiornati tutti su quanto abbia gatti e cose stupende. 
La tristezza no, la decompressione.
Non riuscirei domattina alle otto a uscire, a prendere l'autobus e fare un giro per Bologna mangiandomi le strade, pestando i piedi nelle scarpe e guardando in alto, passando dietro al mercato, in cerca di immagini e internet point bengalesi nei quali rifugiarmi per dire a tutti
"Eccomi, 
sono viva,
so ancora scrivere, ne ho bisogno, lo faccio", aspettando trepidante un commento.
Non ci riuscirei perché ora ho fretta.
C'è troppo poco tempo: nessuno attende un commento lasciato a un blog personale che parla di piedi nelle scarpe, c'è l'instant like, la mezza frase su Facebook, l'appagamento dell'esserci per un breve momento, per un breve commento, basta questo, "sono attivo, faccio delle cose", e poco importa se le cose siano preparare la pasta al sugo e mostrarla come fosse Armstrong a mostrare il suo piede sulla luna. 
L'ho già ricomprato, il computer.
Usato. Color verde. Preso stamattina con i miei ultimi soldi: vi sto scrivendo da una tastiera estranea. Uguale a tutte le altre.
E' uno strumento, per me, romperne uno è come perdere la penna. Cambia solo il prezzo. 
Voglio convincermi che anche il bisogno di scrivere sia lo stesso, di quando ho cominciato, di quando ci voleva più pazienza e più tempo, per restare in contatto, per avere un riscontro, e che basti ancora solo a me stessa quello che faccio, i miei gatti e le paste al sugo.
Che non abbia bisogno di approvazione, che un computer dal colore diverso da quello di prima sia come cambiare tratto pen, che sia solo uno strumento per arrivare a dire quello che voglio a me stessa, prima che a tutti gli altri.
Che non sia la routine, o l'età adulta (mio dio) quella che mi mangia e mi impedisce di non partire più per il centro e perdere tempo, ma la scelta di convivere, di farlo come unico lavoro, la scelta di essere presente sempre e di non subire l'impegno della scrittura, di non confonderlo con la perdita del bisogno, della foga, della libertà.
Non è facile, ve lo dico.
Accorgersi che si è in balìa di uno strumento. Un incatenamento asettico che niente ha a che vedere con il languore del musicista al suo. Che si è legati a dei doveri e delle scadenze, e alla perdita del tempo come bene utile a passeggiare. "Responsabilità", dicono. Compratene subito uno nuovo. Per non perdere tempo, dicono.
Non so se ho fatto un buon affare. 

2 commenti:

Debora ha detto...

È difficile rispondere...
Ormai è tutto indissolubilmente legato a questo apparecchio: che sia un pc collegato a internet, che sia uno smartphone, che sia un tablet... Tutto si riconduce ad essere attaccati alla rete come pesci, e senza quella è come se ci mancasse qualcosa.. Forse non si sta attenti al fatto se ciò che abbiamo scritto ha suscitato qualche emozione e quindi aspettiamo una pioggia di commenti che invece, poi, immancabilmente non arrivano, e non arrivano perché anche gli altri come noi vanno costantemente di fretta, e sono posseduti dalla superficialità, si legge distrattamente senza capire, senza lasciare che le parole penetrino come una crema che viene assorbita dalla pelle, e dà un effetto benefico all'anima...
Leggere, si sa, libera la mente, e non sempre in realtà si è pronti... Spesso invece si è più propensi ad essere schiavi è come se la libertà di essere ci spaventasse... Invece io preferisco essere libera, e quindi lasciare che la lettura liberi la mia mente...
Mi serve comunque un filo, fosse anche la lenza sottile e invisibile che mi lega alla tecnologia, perché non tutte le letture che liberano la mente sono su carta, alcune sono nella rete, e serve un pc verde per creare l'alchimia di un post che ti entra dentro e ti mette le ali....

Choppa ha detto...

Grazie Debora, avevo bisogno di una conferma della bontà del mio acquisto!
:)