martedì, febbraio 12, 2013

Invenzioni

Non fumo.
Trovo ci sia una bell'idea di concentrazione nell'atto dell'aspirare qualcosa di cattivo, però non lo faccio.
Aspirazione- ispirazione.
Mio nonno fumava molto, l'ho chiamato Goluàs nel libro perché è così, fumava le Gauloises.
Però il nonno del mio libro non è il mio nonno vero. Il personaggio non gli somiglia, è diverso.
Il nonno inventato è coraggioso: scappa giovane dal suo paese per andare all'estero in un'epoca in cui emigrare non era uno status sociale. E' libero. Di carattere abbastanza mite e generoso.
Mio nonno vero era irascibile e tremebondo.
Faceva il giornalista, suo papà vendeva orologi.
Non importano molto le cose che mi ha detto sulla sua vita: non ho buona memoria.
Per me contano invece le macchie che le sue sigarette hanno lasciato sui mobili: le bruciature tonde sulla scrivania, l'alone grigio sui soffitti, l'odore di lana riposta negli armadi.
Quello che penso quando entro nella sua casa è che da qualche parte il fumo sia rimasto, abbandonato come la macchina da scrivere, e che da un'altra trapeli per fuggire via del tutto prima o poi, quando anche mia nonna se ne sarà andata e nuovi inquilini verranno e rinfrescheranno i muri.
Posso dire tante cose su di lui.
Ha avuto una vita piena, anche se non gli piaceva ammetterlo.
Forse da lui ho preso questa reticenza nel raccontare i  successi, e la tendenza a non riconoscerli come tali.
Poi ho preso il fatto di aggrapparmi alle poltrone quando sembra non ci siano altri appigli abbastanza spessi da sorreggermi.
Una volta, prima di lui, una mia prozia è morta. Siamo entrati nella casa vuota, nello studio begiolino  pieno di libri e giornali. Su una vecchissima copia del Resto del Carlino, c'era la foto dei miei nonni il giorno del loro matrimonio. Non ricordo cosa dicesse il titolo, ma mia nonna rideva e mio nonno guardava per terra, con il naso grosso a intralciargli il passo.
"Nonno non eri contento?" gli ho chiesto, e lui mi ha risposto "si capisce che lo ero" e poi si è acceso una sigaretta ed è uscito sul balcone a sfiatare.
(Il passato è una pentola a pressione).
Ora che è morto anche lui, nello studio che non aveva non sono rimasti giornali. Non devo schiudere una porticina per entrare: è tutto spalancato nel salotto con la scrivania piena di bruciature, la macchina da scrivere zitta, il giradischi graffiato.
Non ho parlato di lui, nel mio libro, il mio personaggio è inventato.
Per questo è stato strano, ieri, quando mia nonna mi ha regalato, in una borsa di carta verde, un bigliettino che diceva
"le idee di tuo nonno, così ben comprese da quella  grande scrittrice che sei, saranno rimaste sicuramente qui dentro"
e una coppola di lana grigia, a spina di pesce, che mio nonno si calcava sempre in testa, in modo che non gli scappassero via i pensieri, e da nascondere, come fosse una vergogna, il vanto dei suoi folti capelli bianchi.



3 commenti:

Anonimo ha detto...

un pezzetto di stoffa ben cucito... prova ad appoggiartelo sopra la testa, chissà se fa l'effetto del cappello di archimede pitagorico...
ciao da Nicoletta

Choppa ha detto...

mia nonna suggerisce di indossarlo alle presentazioni perché il pubblico ha bisogno "del personaggio"

Debora ha detto...

Un bel post.. Sensibile e delicato..
Concordo con tua nonna....