13
Luglio
Quando
facevo la babysitter e portavo la Cagona a fare la spesa, a chi mi
fermava per chiedermi se fossi io la mamma, per fare prima rispondevo
sempre "sì". Se no sai, dover spiegare che si era
ciccione, sfrante e sudaticce lo stesso anche senza avere da poco
partorito, esserlo perché si era semplicemente stanche e si lavorava
per degli schiavisti sei ore al giorno per meno della paga minima,
sarebbe stato troppo complicato.
Così: "sì signora, la mamma sono io".
"Ah,
ma come sei giovane! Che bello vedere una mamma giovane!"
"Eh
beh..."
"Brava"
"eh
ehm".
Dentro
di me mi sentivo per metà una brutta bugiarda di merda, e per l'altra
metà orgogliosa di poter sembrare una in grado di mettere al mondo
dei figli.
Bizzarro,
come abbia sempre avuto paura di non riuscire a farli, i figli, nemmeno a 22
anni.
Avevo
(e ho tuttora, in parte, anche se non più come prima) una percezione
talmente distorta del mio corpo, una visione così falsata dal grasso
in eccesso e da quello che gli altri ti dicono che è il tuo grasso
in eccesso (che fa schifo, che non sei degna di vivere e altre
amenità del genere), da essere quasi certa di non potere essere,
mai, una mamma.
Di
non poter partorire. Figuriamoci se pensavo di poter essere mai in
grado di portare mia figlia di sei mesi a fare la spesa al
supermercato.
Se le
massaie pensavano che invece ce l'avrei potuta fare, allora ero contenta.
Pensavo dentro di me "allora potrei essere anch'io una mamma".
La consapevolezza del proprio utero che passa attraverso i carrelli altrui. Ci sarebbe materiale per centomila analisi femministe.
La consapevolezza del proprio utero che passa attraverso i carrelli altrui. Ci sarebbe materiale per centomila analisi femministe.
Ora
che ci ripenso, quando avevo 22 anni non avevo ancora mai fatto
un'ecografia, né una visita dal ginecologo, un pap test.
A 26
mi hanno trovato questo enorme cistoma appeso a un'ovaia che
già sapete, e ho imparato che anch'io avevo un apparato che poteva
funzionare, e che ci stava provando, e che poverino
ci dava dentro a mille nonostante il tumore, e che forse magari un
giorno se fossi sopravvissuta avrei potuto davvero fare una bimba da
portare a fare la spesa al supermercato di quartiere, e se qualcuno
mi avesse chiesto "è per caso sua?" io avrei potuto
rispondere "eh sì" con cognizione di causa.
Quando
ero più piccola e non avevo molti strumenti per corazzarmi, mio papà
e mia mamma mi prendevano in giro perché ero grassa. Se in
estate mi mettevo la canottiera, sembravo "un camionista".
Se cercavo di vestirmi un po' più elegante, ero "ridicola"
e se mai un giorno qualcuno con uno stomaco abbastanza forte avesse
avuto lo sbuzzo di sposarmi, allora "ci vorrà un miliardo di
lire per sfamare la sposina".
Forse
è anche per questo che a tutt'oggi mi è ancora difficile indossare
magliette sbracciate, che mi sento a disagio in un abito elegante e
non riesco a immaginare il mio matrimonio.
La consapevolezza del proprio corpo passa attraverso il vestito che ti cuciono addosso quando sei piccola.
La consapevolezza del proprio corpo passa attraverso il vestito che ti cuciono addosso quando sei piccola.
Da
questa idea malsana che ho sempre avuto del mio essere proprio così
come sono, nascono anche tutte le mie paure di non riuscire a vivere
bene, di non essere in grado di essere felice, di generare la vita.
Per
questo quando il ginecologo, dopo l'operazione, ha controllato che
l'ovaia superstite stesse bene e mi ha detto "Allora, quando la
scriviamo un'opera d'arte nel pancino, invece che sulla carta?",
io non ho capito subito, e quando mi ha spiegato, come se fossi
lievemente ritardata,
"un
bambino, Marta. Quand'è che lo facciamo? Che poi tu saresti
un'ottima mamma, una mamma fantastica"
io mi
sono messa a piangere sentendo dentro sbocciare la gratitudine più
pura come una camelia.
Piano
piano le cose vanno meglio, si impara a capire che quello che si è
non è sbagliato, o più brutto, confronto a tutto il resto, e
soprattutto, piano piano si impara che non c'è mai confronto con
tutto il resto, ma si è se stessi e basta, con tutto quello
che comporta, e con tutta la gioia che la nostra storia, e la nostra
condizione ci possono dare.
In
questo momento, mia sorella di 23 anni è su un letto di ospedale in
preda alle doglie, in attesa di mettere al mondo il suo primo figlio.
Dopo giorni di falsi allarmi, rottura di acque che non sono acque e
contrazioni definitive che non sono quelle definitive, finalmente il
momento è giunto e siamo tutti in attesa di conoscere questo nipote.
Dalle
ecografie sembra che avrà labbra carnosissime, un naso schiacciato
da calmucco e- ahimè - una testa larga quanto il fondo di una
damigiana, e poi sembra già bellissimo e in gamba, ma anche se non
sarà così non cambierà assolutamente nulla, perché sarà un
essere umano in grado di fare quello che vorrà, di scegliere tutto
il bene per la sua vita, e magari, se ne avrà voglia, di venire a
fare la spesa con me al supermercato, se non si stancherà di
sentirmi dire a tutte le massaie quanto sia bello essere sua zia.
Stanotte
quindi non so quanto dormirò. Resterò in attesa che mia madre mi
chiami o mi mandi un messaggio per darmi la notizia.
Domani
mattina lo andrò a conoscere, questo Stefano, e abbraccerò mia
sorella facendo attenzione a non pestare i tubi delle flebo.
Il
giorno dopo ancora aggiungerò un nome all'albero genealogico e mi
dedicherò alla cottura di chili di focacce ben auguranti, con
scritto sopra "E' nato" con gli aghi di rosmarino.
La
prossima settimana, poi, compirò ben 28 anni.
Allora
sì che diventerò saggia, e comincerò a non pensarci due volte
prima di indossare una canottiera.
17
luglio
In
effetti è bellissimo.
Così
gli dedico questa canzone, a lui e alla sua bellissima mamma, cantata
da una ciccia come me che però è anche una gran figa (come me).
Perché
non c'è niente che non farei, per farvi (e farmi) sentire tutto il
mio amore.
11 commenti:
Grande Marta... in poche righe i miei 40 anni... già, già...
E cmq rimango in attesa di partecipare al vostro matrimonio, che al mio non siete venuti, e di abbracciare la vostra progenie, che la mia non abbiamo potuto abbracciare... di vederti quarantenne e in modo spropositato matura, che io non sono ed io sarò vecchietta vecchietta che mi verrai tu a trovare in casa di riposo...
Agli zii, alla mammina e soprattutto al piccolo una miriade di abbracci Luminosi...
Una casa di riposo extralusso, almeno! :) Ti porterò tante focacce al rosmarino.
Baci a voi e GRAZIE!
tanti auguri a te e alla bella famiglia, cara. questo post è una splendida dichiarazione d'amore, sarà emozionante farglielo leggere tra qualche anno.
Sei fantastica, e mi hai fatto commuovere!!
Tanti auguri a tua sorella, al piccolo Stefano, a te e a tutta la tua famiglia!!
grazie a voi miei amici e lettori che condividete con tanta sensibilità i miei racconti
Inestimabile :)
non hai idea di quanto ti amiamo, sarai una mamma favolosa, quando deciderai di esserlo, e sei già una zia favolosa...senza aver deciso di esserlo! Benny
povero Stefanino che zia lagnosa
Che bello leggere questo post!
Sei una persona bellissima e avrai un bambino fantastico!
grazie Nella, speriamo! :)
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