venerdì, marzo 23, 2012

Fare Maria

Non solo in primavera sogno di baciare chiunque (ieri sera addirittura Steven Seagal), mi gonfio per i pollini e mi viene sempre da piangere (ieri sera perché mi ha superata in tangenziale un camion di maiali): in primavera mi tocca pure di andare dal parrucchiere, perché i miei capelli si comportano alle idi di marzo come gli alberi all'avvento dell'autunno, confondono l'ora legale con quella solare, il bel tempo con la grandine, e cominciano a cadere, torcersi spezzarsi e rattrappirsi agonizzanti su loro stessi come vampiri alle prime luci dell'alba.
E i miei amici conoscenti parenti e i lettori del Wonderful blog ben sanno che se c'è una cosa che mi fa orrore, ancor più di sognare di baciare Steven Seagal, è proprio andare dal parrucchiere.
Soffro.
Ho paura di lasciare macchie di sudore sulle sedie.
Mi vergogno a far vedere la dermatite dietro al collo, mi preoccupo se ci vado vestita male e di piazzarmi in vetrina nel mezzo della via più trafficata del paese; mi scoccia spendere tanti soldi guadagnati con stridor di denti per farmi fare una pettinatura da paggio di Lady Oscar.
Perché non importa quello che voglio, se dico "lisci" o "stavolta mossi" o "con la frangia" o "senza lacca, per favore": alla fine sembro sempre un paggio di Lady Oscar.
Comunque, lo stato dei miei crini era tale da dover per forza correre ai ripari.
E allora forza e coraggio, chiamiamo il parrucchiere. Almeno chiedo il mio preferito, quello più bravo, che sembra aver compreso - oltre a come usare la piastra senza ustionarmi il coppino - che se c'è una cosa che detesti ancor più che andare dal parrucchiere è essere costretta a chiacchierare col parrucchiere, e quindi sta zitto. O parla lui. Della Nouvelle Vague.
Io faccio "sì'sì" cercando di assumere un'espressione intelligente sotto le ciocche unte di tinta fresca, e siamo a posto così.
Così ieri, mentre il titolare del salone (salone, capito? Il meno accogliente del mondo...) prendeva i miei dati, mi ha chiesto:
"Con chi vuoi fare la tinta?"
io ho risposto
"con Stefano!"
e lui ha esclamato:
"Stefano non c'è, è in ferie",
avrei dovuto capire che non era aria.
Rimandare, magari. Spostare la visita alla prossima settimana. Non muore nessuno se c'hai un nido di gazza morta sulla testa ancora per un po'.
E invece no.
"Va bene, fa lo stesso, vengo comunque domani".

Così mi è toccata una parrucchiera piccolina coi capelli argentei lunghi un pollice, le sopracciglia a stiletto e la bocca ferma come un semaforo.
E io avevo la faccia gonfia per i pollini, la lacrima da primavera coi maiali vivi in tangenziale, ed ero stanca e lei mi ha presa e separato le ciocche e intanto stavamo zitte, io e lei, io a guardarle le all star vecchie e a farmela piacere e quasi a rilassarmi tra la mia immagine da donna sfatta e l'angoscia della situazione, e lei a rovinare tutto, chiedendomi dal niente

"Quanti anni hai?"
"mmh 27"
"Ah."
"Marta....Marta...Marta...."
"...sì"
"Sai cosa mi ricorda?"
"no"
"La parabola di Marta e Maria, la conosci?"
"Sì"
"Ecco...mi sembra adatta al contesto, no? Mi sembra proprio che vista la situazione...dovresti fare più Maria, no?"
Ora, non so se anche voi conosciate la parabola di Marta e Maria, ma in soldoni questa è: Gesù va a trovare 'ste due sorelle, e con Maria discorre amabilmente del più e del meno flirtando felice e dispensando perle di saggezza, mentre Marta se ne sta in cucina a preoccuparsi e sfacchinare. Allora quando Marta ha preparato tutto e porta da mangiare a Gesù, questi le dice: "smettila di preoccuparti, tua sorella sta prendendo la parte migliore della vita".

E io non ho detto né "prego?" né "come?" né "si faccia i cazzacci suoi lei della mia vita non sa niente, ridatemi Stefano, brutti imbroglioni".
Avrei dovuto dirglielo.
Avrei dovuto dirle:
"Sì in effetti ha ragione, fino a ora non ho fatto granché Maria. Nello stesso tempo in cui non facevo Maria, sdilinquendomi sul divano a ungere i piedi a un guru che mi diceva come vivere, ho fatto molto Marta.
Ho pulito, cucinato, mi sono presa cura e preoccupata degli altri. Ho studiato, letto, viaggiato, visto, lavorato, provato, criticato, pensato, incontrato, sbagliato, rincorso molto, raramente aspettato, ascoltato, parlato, scritto, accompagnato pianto riso sofferto gioito cantato offerto ricevuto e regalato; ho fatto Marta e mi sono spesa, mi sono offesa, battuta e ricreduta, rovinata le dita e i capelli e ne sono fiera, mia minuscola parrucchiera, perché se fare Marta vuol dire prendersi la responsabilità di una vita piena, allora voglio fare Marta tutta la vita, guarda un po'. Lascio a lei e alle sue clienti abituali l'onore di fare Maria e pensare solo a essere desiderabili e attente per il loro uomo, o quello delle altre. Se dovrei farlo un po' di più, dice? Se dovrei fare Maria? Beh, e chi le dice che non l'abbia fatta anch'io, qualche volta?"

Invece ho detto solo "sì sì"
e la faccia intelligente l'ho lasciata fare a qualcun'altra.





Vedi? Sto già imparando la lezione...

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