Ci vestiamo a righe e riga.
Tutt'e due bianche e nere orizzontali, che fanno di Alice un pescetto sottolio un po' buffo, e di me un inquietante carcerato stile fratello Basettoni.
Non importa, ci mettiamo le righe.
Proviamo minuti 120 circa la sera prima in camera mia, dei quali 70 circa di prova vera e propria e il resto chiacchiere.
Dalle nostre borse escono libri pieni d'impronte di vecchie merende, amati letti riletti persi ricomprati prestati restituiti presi in prestito mai più restituiti oddio dove l'ho messo è sotto il letto, mamma me l'ha preso è stato lui.
I miei libri di questo tipo sono:
Gli Sporcelli, Roald Dahl
Per fare un prato, raccolta di poesie di Emily Dickinson (molto chic)
Un folletto a righe, Marìa Puncel, che è anche il motivo per cui siamo vestite a righe.
Quelli di Alice sono:
Beniamino e Biscotto
Agostino e la trombetta
Le favolette di Alice di Gianni Rodari
Piccolo fiore giallo.
Bene, li abbiamo spalancati davanti a noi con tutto il loro carico di personaggi, ricordi e bicchieri di nesquik.
Dobbiamo leggerli a quaranta cinni di seconda elementare.
In un'ora.
Come si fa?
Per fortuna io l'Alice l'adoro, un po'. Se propongo qualcosa non dice mai che fa schifo, a parte quando fa schifo. C'è uno strano meccanismo che s'innesta di flusso continuo d'idee e nessuna paura di essere giudicati, nessun atteggiamento da maestrini, solo puro brain storming, come dice Lapo Elkann al suo creative team durante i briefing subito prima dell'happy hour.
Così ecco quello che facciamo:
io mi presento ai bambini disposti in semicerchio nella palestra della loro fighissima scuola sui colli trascinando per terra una vecchia borsa di tela piena di tutti i nostri libri.
Chiedo ai bambini di tirarla su e dico: "ma com'è pesante, ma tu riesci a portarla? io no!".
Racconto che vivo in una casa grande appena quanto me
"seee daaaai, chiccicrede!"
"Giuro!"
"E come dormi, in piedi?"
"No, sdraiata sui libri!"
perché i libri mi piacciono così tanto che non solo me li compro in tutte le librerie, ma li prendo anche in prestito in biblioteca e me li regalano tutti, parenti amici fidanzato sconosciuti.
"Eeeeehssè sconosciuti!"
"Giuro!"
"Che fortuna!"
E così devo fare un po' di posto in casa, ma non voglio buttarli. Come faccio, Alice?
E Alice dice:
"Se ne può fare di tutti questi sette uno solo".
Qualche bambino dice tagliandoli e ricucendoli, altri propongono di metterli uno sopra all'altro, o in fila, o di traverso, finché uno ci azzecca e dice:
"li leggiamo tutti e poi vediamo dove sono uguali".
Ecco cos'abbiamo fatto, in effetti, nei 70 minuti di prova più chiacchiere.
Abbiamo letto e unito e analizzato e diviso e incastrato e tirato le parole, i nessi e le analogie per i capelli per formare un unico lungo libro dei sette che avevamo selezionato.
Con il caos allegro di capelli dritti, croste e lentiggini tipico dei settenni, è venuta fuori una cosa talmente bella, spontanea ed emozionante, che quando un bimbo ha gridato:
"ma è uscita una storia bellissima!"
non ho saputo rispondere niente.
Alice ha cominciato a suonare il violoncello, io a leggere il piccolo fiore giallo, loro incantati dall'archetto e dai crini che saltavano, e le maestre che ci ringraziano alla fine le prendiamo come un invito a continuare.
A casa, con le maglie a righe pregne di sudore, ecco quello che pensiamo:
ecco quello che sono le nostre vite, una continua ricerca di cose differenti scovate dal passato di diverse persone, uno spalancarsi di ricordi e personaggi e pomeriggi interi passati a trovare le analogie e gli incastri necessari a renderle una storia che esca bellissima.
4 commenti:
Marta, l'ultima frase, che racchiude tutta l'esperienza raccontata, è bellissima!!!
Stupendo! Tutto! In questo caso anche le maglie a righe! :)
peccato non esserci nella nostra cara scuola ex sanatorio che cade a pezzi sia fisici che metaforici
a vedervi sentirvi nude e sincere come sempre
a mio figlio non siete capitate ma vi ha intraviste credo
grazie marta e alice
vi voglio bene
Nico
grazie amiche, è davvero una bella esperienza, credo di esserci portata e sono stata addirittura, forse per la prima volta in vita mia, professionale, per quanto questa parola possa sembrare inadatta al contesto.
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