domenica, ottobre 17, 2010

Sorry, chen iu spik slouli, plis?


La notizia buona è che sono riuscita a entrare nella cabina, avvenimento per nulla scontato: chi aveva idea di come fosse fatta una VERA cabina per interpreti a norma ISO 4043?
Ecco, appunto. Velocemente documentatami su internèt circa le reali dimensioni della stessa, ora ho la certezza che anche un ciccione può entrarvi comodamente come dimostrabile dalle -innumerevoli- fotografie che mi sono state generosamente scattate dal simpatico individuo presente al congresso come "simpatico individuo addetto alle foto del congresso".
Il fatto che la cabina dove lavoravo fosse adibita all'uso di DUE interpreti, mentre io lavoravo sola, è assolutamente irrilevante ai fini della mia tesi.
(Li voglio vedere, DUE interpreti ciccioni a lavorare nella stessa cabina per 7 ore di fila, se stanno davvero comodi, ma tant'è: io ho avuto tutto lo spazio per sistemare agevolmente due bottigliette d'acqua frizzante, cartellina per gli appunti, cartellina con materiale del congresso, programma del congresso, mio corpaccione e svariate biro. Nonché borsa con cellulare spento, fazzolettini e portafoglio-portaerei che mi tiene sempre compagnia).

La mattina del primo giorno, verso le 7 e mezza, avrei voluto vomitare. No, prima scappare. Vomitare E scappare, e tutto questo mentre ero già alla guida della mia sbrilluccicante Chevrolet Kalos incrostata di fango e cadaveri di serpi.
Nonostante il buon infermiere/organizzatore dell'evento in un incontro al vertice da McDonald's mi avesse fornito tutto il materiale necessario a spiccicare (e spiaccicare, visto lo stile salsero degli hamburger) almeno due parole nelle cuffiette dei relatori, all'alba del primo impatto con tali cuffiette io non sapevo una beata mazza.
Non sono laureata e, anche se lo fossi, non ho studiato alla Facoltà d'interpreti.
Ho studiato Lingue e Letterature straniere, che è BEN diverso. Lì ti insegnano a leggere "Neuromante" in lingua originale ("Neuromancer", signore e signori) cavandoci qualcosa di più di un ragno cibernetico dal buco spazio-temporale, a coniugare i verbi spagnoli e a fare la parafrasi dell'opera omnia di Margaret Doody, e NON a tradurre a una platea di soli olandesi cinque medici della Svizzera francofona che parlano di chirurgia maxillo-facciale simultaneamente nei diciotto dialetti dei quattro cantoni, compreso il ladino.
Sono cose un po' diverse.
Mi stavo cagando addosso.
In programma, come dettomi addirittura la sera prima alle otto, come primo intervento ci sarebbe stato il discorso di benvenuto di due sindaci della bassa padana.
"Che non parlano una parola d'inglese, quindi per favore se puoi pensarci tu, grazie".
Così, a secco.
Se fossi sopravvissuta a quella prova suprema, avrei poi dovuto seguire sei tavole rotonde vertenti sull'avvincente tema dei vari sistemi di Triage in occasione delle maxi emergenze.
Poi, se fossi stata ancora viva, pausa pranzo.
Poi, altre tre ore di dibattito sull'annoso problema dei pupazzetti da usare durante l'esercitazione del Triage in occasione delle maxi emergenze.
Poi, a casa a piangere perché non sono capace di fare niente.
Il giorno dopo, uguale daccapo con la sola variante di una dottoressa Kosovara al posto dei sindaci padani.

Insomma, cos'è successo.
E' successo che io, con la mia giacca nera a tre bottoni di ordinanza (che mi fa sembrare uno dei camerieri pinguini di Mary Poppins), mi sono presentata con l'aria scafata di chi ormai ne ha viste di tutti i colori a una congrega di infermieri, dottori, capi della Protezione Civile, ricucitori di membra e sterminatori d'infezioni senza tradire il minimo segno d'ansia.
(E per questo devo dire GRAZIE al correttore Revlon).
Mi sono infilata nella cabina, ho infilato le mie brave cuffiette, ho acceso il microfono e sono partita.
Via.
Fondamentalmente, per non cedere alla tentazione di scappare via urlando di terrore, continuavo a ripetere tra me e me:
1) "mi pagano un casino"
2) "va sul curriculum!"
3) "è tutta esperienza"
4) "il pranzo è compreso"

Quello che posso dire è che in qualche modo me la sono cavata. I sindaci non c'erano, quindi il primo intervento, fatto dal simpaticissimo dottor B. dell'Ospedale Maggiore di Bologna, che parla inglese come Aldo Biscardi, mi ha rilassata parecchio.
E' venuto fuori che tra tutti, solo due medici fiorentini dall'aspetto arcigno avevano costantemente bisogno della traduzione, sia per capire che per parlare.
E provateci voi, a tradurre all'istante a una platea di svedesi, australiani e olandesi, la barocca parlata fiorentina.
E' come dover trasformare un Botticelli in un Warhol in mezzo secondo.

Durante la pausa pranzo avrei voluto nascondermi, perché non conoscevo nessuno e detesto mangiare da sola in pubblico, invece due anime buone mi hanno accolta accanto a loro in un tavolone rotondo e ho avuto l'opportunità di capire tante cose.

1) le case fatte arrivare in Abruzzo dal Trentino, quelle belle di legno che non deturpano l'ambiente, costruite apposta per i terremotati, al momento dell'inaugurazione erano completamente avvolte da lenzuoli recanti insulti a Berlusconi. Nessun programma le ha fatte vedere, nemmeno Report, né Presa diretta, costringendo trentini e terremotati a tacere e far sparire gli striscioni. Ciò mi è stato detto dal capo della Protezione Civile di Trento, ometto dagli occhi azzurri che ingurgita pasta al sugo come una pompa idrovora un fiume in piena.

2) Se arrivi a L'Aquila proprio dopo la prima notte di terremoto, e sei un infermiere di Bologna che per due giorni non ha fatto altro che tirare fuori persone dalle macerie e ricucirne gli arti, e a un certo punto vedi avvicinartisi una signora con in mano un sacchetto della spesa contenente tutto ciò che è riuscita a recuperare dalla sua casa distrutta, e ti chiede "hai mangiato?" , e tu le rispondi "no" e lei ti regala il suo sacchetto, pieno di soli cracker, allora ti commuovi ancora, anche se sei a un congresso e stai parlando con una finta interprete davanti a un piatto di pasta al sugo.

3) Sentite me: è meglio MAI, e dico MAI, avere come commensali persone abituate a ricomporre budella. Si rischia che, al primo morso di pollo, si cominci a parlare di organi trapiantati e poi rigettati, pus e punti di sutura, senza che nessuno si sogni di smettere di ciucciare le ossa del pennuto al forno, contribuendo al racconto con effetti sonori di sicuro effetto.

Tra fischi di microfono, frasi lasciate in sospeso (e dire che mi ero documentata: "Quali sono gli errori che un interprete deve ASSOLUTAMENTE evitare, cascasse il mondo crollassero le montagne?" Risposta di tutti i siti esistenti sulla Terra: "lasciare frasi a metà, sovrapporsi a chi parla, dimenticarsi di accendere il microfono, ruttare nel microfono". Io li ho commessi TUTTI, compreso il rutto, anche se ben dissimulato),
sono arrivata alla fine, con mia estrema soddisfazione.
Sono capace di fare qualcosa.
Di reggere da sola una due giorni di intensa interpretazione di due lingue, di sembrare professionale, di lavorare bene sotto pressione.

E anche se pare che il mio nuovo manoscritto sia noioso e forse non diventerà mai un libro, anche se non so come andrà il colloquio di mercoledì per entrare a far parte del Servizio Civile, anche se non ho un futuro chiaro in mente (ancora no, alla mia età...), anche se stasera mi sono presa un cazziatone da un fonico durante un concerto di Marco, e solo perché ho applaudito al momento sbagliato (e vabbè, cacchio, mica eravamo alla prima della Scala...sgrunt, sarei voluta sprofondare nelle viscere di Golconda),
ANCHE SE,
comunque so che riesco a cavarmela.
In qualche modo.
Credendoci, impegnandomi, concentrandomi, sorridendo, come tutti.
Dissimulando, come i rutti.



10 commenti:

.C annA ha detto...

Credo che per la lettura del tuo prossimo post io debba istallare una telecamera che mi riprenda il viso per accertarmi di una che al momento è solo sensazione: sento di fare 1000 smorfie che vanno dall'accigliato, al rilassato, al sorriso a 150 denti, allo sbalordito e via dicendo!
E' così, quando ti leggo metto in moto tutti i muscoli facciali che si esprimono ininterrottamente in tutta la loro capacità motoria!
Sei una grande, in tutti i sensi: fuori, sì, ma sopratutto dentro e io sono sempre più contenta di averti conosciuta! :)

Choppa ha detto...

Grazie cara, anch'io sono contenta di averti conosciuta.
Ma voglio vedere il video, se lo farai!
:D

Peyorider ha detto...

Ciao Marta...è a dir poco stupendo come riesci a trasferire sensazioni e a descrivere persone con poche parole..è chiaro per me che conosco gli interpreti è stato facile dare un volto alle suddette citate,ma ti garantisco che il mio papà si è fatto delle grasse risate e un piccolo pianto (c'era anche lui in Abruzzo con me) nel leggere queste poche righe il cui argomento gli era del tutto sconosciuto...sei grande davvero...apprezzo tantissimo il tuo trasmettere sensazioni e metterti in gioco...la tua famiglia è veramente geniale...a parte la Benny intendo,hihihihihihihihihi!!!!Gazie ancora per non averci abbandonato e scusa se abbiamo fatto vacillare il tuo equilibrio mentale...davvero grazie tante.

Choppa ha detto...

Grazie a te per queste parole che giungono in un momento di sconforto!
Sono fiera di poter raccontare a persone come te e tuo papà tutto quello che mi succede. La tua telefonata sembrava fatta apposta, proprio mentre ci sono mille dubbi se continuare a scrivere o no (forse la Benny ti ha raccontato). Davvero grazie di cuore
Un bacione e a presto

Anonimo ha detto...

Fantastica come sempre!!
E postato pure il giorno del mio compleanno: praticamente un regalo!! :)
Tengo le ditina incrociate per il libro!!
Let me know!

baci
giuggi

Giuls ha detto...

(scusa, provo per vedere se funziona..)

Anonimo ha detto...

sei una grande!!! hai visto che se vuoi puoi davvero fare mille cose. Lo dico a te, perchè io già lo sapevo!! Peio...grazie per avermi dato della NON geniale.... prossima volta niente yogurt!! :)

Scimmia mia stupenda sei un fenomeno!

B.

Choppa ha detto...

Grazie care Giulia e B.: mi sa che per il libro non se ne fa niente, ma molto altro bolle in pentola, quindi non mi preoccuperei. :)
Un bacione

Unknown ha detto...

Unica, rapida e sostanziale... mi piace leggerti, così tanto da sperare sempre che non ci sia mai una parola fine ai tuoi post... mi sono molto immedesimata nella figura dell'infermiere a pranzo... :)
Un bacione

Penny Lane ha detto...

Io mi sono immedesimata nella parte dell'interprete...perché dall'alto (posto molto in basso) di una laurea in lingue e letterature straniere so quanto sia una missione kamikaze tentare di fare l'interprete, figuriamoci simultanea!
Ed ovviamente sei diventata la mia eroina! Per quest'impresa e per tutte le 1500 altre cose che sai fare. Grande Chopparella, non t'arrendere e tira dritto, e a maggior ragione adesso che sei il faro illuminante di tanti piccolissimi lettori del futuro. Un abbraccio!