mercoledì, maggio 19, 2010

La festa di paese

Come se non bastasse un viaggio di quattro ore in interregionale in compagnia di un trio di punkettoni che urlava E PER LA MADONNA COME SONO PRESO BEEEEENEEEE ogni due minuti e un quartetto di fighetti in maglione rosa di ritorno dalla Sindone che mi prendevano per il culo perché leggevo XL (capisco che sia un po' come vedere uno con la faccia da culo leggere la rivista "Faccia da culo", ma cazzo, nemmeno il giornale che voglio posso comprarmi senza che qualcuno si senta in diritto di far dell'ironia?), la mattina dopo mi son svegliata alle otto e ho preparato una torta alla crema.
Ammetto di avere avuto la pasta frolla provvidenzialmente già pronta in due bei panetti decongelati, però la crema pasticcera l'ho fatta tutta io. Tuorli, zucchero, farina, latte caldo, la buccia di un limone grattugiata con lo Zester (cosigliato dai migliori chef!), pentolino, mescola mescola mescola, bolle, denso, fatto.
Ho steso la pasta frolla con un matterello infarinato, ho imburrato la teglia, livellato la pasta, versato la crema, fatto a striscioline altra pasta e messo tutto in forno.
Alle dieci la dolce metà fuori dal forno si è svegliata e la dolce metà dentro al forno ha fatto bella mostra di sé spargendo il suo buon odorino nell'aria rarefatta del mattino domenicale, deliziando la dolce metà con i peli che si è pappata la dolce metà con la crema in un sol boccone.
Poi siamo andati alla festa del Loghetto.
La festa del Loghetto si tiene tutti gli anni a Loghetto, infinitesimale frazione del mio già minuscolo paese, popolata da partigiani, alpini e crescentine.
Ora, io non devo avere tutti i quadri appesi diritti, perché ho pensato bene di vestirmi come Suzie Quatro che impersona una delle Olograms: fuseaux, magliettona con le tasche e stivali al polpaccio, più rossetto scuro e rimmel a volontà, per passare inosservata tra sfogline a cottimo e cuntadèin in salopette alimentati a Lambròsc.
Avevo una presentazione.
Giuro che io il più delle volte non penso, mi limito a farmi trascinare dagli eventi.
Così, quando il cartolibraio del mio paese mi propose di presentare il libro alla festa del Loghetto, la mia bocca disse "sì certo!", ma la mia mente in realtà nemmeno provò ad immaginare lo scenario che domenica mattina si prospettò ai miei occhi bistrati (e all'orecchino a forma di gatto giapponese che mi pencolava di lato).
Lunghi banconi carichi di zuppa e fagiuoli e polenta e salcicce e tigelle al ragù e crescentine alla coppa immolati alla causa del rifodero intestinale di decine e decine di emiliani intenti nel rito più sacro della società appenninica: il pranzo della domenica.
Di più: il pranzo della domenica alla sagra di paese.
Di più: il pranzo della domenica alla sagra di paese a prezzo fisso.
Tra i densi miasmi di strutto una sola certezza: a questi qui cosa cazzo gliene può fregare di stare a sentire una che ha scritto un libro che parla di una babysitter cicciona che si uccide di pippe mentali? Niente, giustamente.
Però non demordo. Non si dica mai che non onoro un invito, e soprattutto un pasto offerto dalla Pro loco.
Mangio insieme a colui che mi presenterà, un omone generoso nel fisico e nell'animo, che tra un boccone di polenta e un brano offerto dai "Pesto di Lardo", band di struttofondo emblema di ogni raduno/assemblea parrocchiale/mercato rionale che si rispetti, mi parlerà di libri e musica e amici suoi scrittori e anche cacca di bambino, che a noi non fa schifo nemmeno se stiamo mangiando.
Mi offre anche il caffè, gli offro un pezzo di torta casalinga. Di quella che fa le briciole e ti s'intoppa in gola come lana infeltrita. Niente a che vedere con la mia fatica mattutina, queste son torte vere. Torte di nonna.
E va a finire che, annunciati da una vocetta quindicenne che dice "alle quattordici e trenta presentazione del libro nina ninni giù per terra della signora Marta Casarini", va tutto benissimo.
Va così, va proprio bene.
La gente si siede, i microfoni funzionano, i bambini fanno la gincana e i calabroni volano; la gente per la verità per la maggior parte pensa ad altro (per esempio se sia il caso di ordinare la sedicesima crescentina della giornata e, se sì, con quale ripieno), ma qualcuno ascolta, mi fa delle domande e tutto va bene.
Io dico le mie solite quattro stronzate nelle quali però credo molto, tanto da ripeterle a tutte le presentazioni e gli amici che ci sono sempre un po' si saranno anche rotti, però va bene.
Dopo mi applaudono, mi fanno i complimenti, qualcuno compra il libro e va tutto bene.
Poi arriva anche lei.
Lei, che alle feste paesane non manca mai.
Lei che so che si ricorda, lei che non so se sappia che io ricordo. Tutto.
Le sberle. I compiti obbligatori anche durante l'intervallo. Le umiliazioni, la competitività.
Il senso di angoscia che mi prendeva già alle sette del mattino tutti i giorni per cinque anni.
I primi della mia vita in una specie di società.
"Ahh tesoro, ma sei tu, l'hai scritto tu il libro?"
"Sì, l'ho scritto io"
"Ah allora me lo dedichi vero, me lo dedichi il libro" -il modo in cui ripeteva le frasi due volte di fila -
"Certo, sì"
"Ma non mettere che ero la tua maestra eh, la tua maestra che nella mia materia mica andavi tanto bene" - e fa ridere questa cosa, e checcazzo ci sarà da ridere -
"no no"
"va bene brava" - e ho paura ancora adesso di far vedere quello che scrivo, paura di sbagliare. Copro la dedica con la mano, con le unghie un po' sporche di cibo e terra, sporche di dove vengo, ricordandomi di quando coprivo i miei disegni pasticciati o le figure sbagliate, le "cornicette" tutte storte,
"allora auguroni eh, ciao, auguroni ciao"
Sì ciao, ciao.
Sì ciao, tu, addio, e va bene così.

2 commenti:

Alma ha detto...

Avrei voluto esserci anche io alla
sagra del tuo paese per poterti conoscere, mi sarebbe piaciuto davvero.Quando abitavo dalle tue parti ricordo di come mi piaceva
andarci spesso alle feste dell'unità, così si chiamavano credo ancora,si facevano le tombolate dove puntualmente non
vincevo mai nulla ma gli altri
tornavano a casa con prosciutti interi o addirittura biciclette,
io al massimo delle saponette o
fazzolettini di carta.Comunque non demordere mai perchè sono sicura
che alla fine riuscirai nel tuo intento.Un bacio.

Choppa ha detto...

Ciao Alma,
le Feste dell'Unità ci sono ancora, sì, a volte si chiamano Feste del PD (sic), e sono quelle "di partito", ma ci sono un po' in tutta Italia.
Invece le crescentine sono tipiche di qua, e anche queste feste rionali ad alto tasso di anzianità, e devo dire che anche a me scaldano parecchio il cuore. Grazie per l'augurio!