domenica, maggio 16, 2010

Gran Torino Chronicles

L'organizzazione, ovvero " del fidarsi", ovvero "Gran Fiorino"

Martedì

"Non so se ci vado. Cioè, in fondo non devo presentare nessun libro, e ne ho scritto uno, poi, di libro, e fa pure cagare. Non sarà il caso di stare a casa?"
"La pianti di dire che fa cagare? Non è così"
"Ma fa cagare a tutti, è ultimo nella classifica di vendite su IBS. Fa te"
"E' ultimo nella classifica di vendite su IBS perché la gente lo compra in libreria"
"Oppure perché fa cagare"
"Se dici ancora che fa cagare t'intossico con le polpette al formaggio dell'Eurospin"
"Mh. Comunque non ci vado. Non ho la macchina"
"Ce l'ho io"
"Non sappiamo dove dormire"
"Dormiamo in macchina"
"...Davvero? Tu? In macchina? Lo faresti?"
"Certo, c'è il nuovo enorme Fiorino. Ci staremmo comodamente in quattro"
"Davvero? Wow allora lo dico subito a Ste, dai che figata possiamo andarci sul serio?"
"Certo amore, vedrai che ci divertiamo"
Evvai! Vado a Torino! Io non ho mai visto Torino, ma la immagino plumbea. Preparo mentalmente il contenuto della valigia, escludendo le cose troppo eleganti (per forza, saremo all'avventura, una "due giorni" hippie con partenza all'alba e accampamento nell'immenso Fiorino! Porterò le Birkenstock e niente trucco!...ok, forse solo il lucidalabbra), tutta allegra, io la fiera del libro non l'ho mai vista, ma la immagino immensa e stimolante.

Mercoledì

"Allora andiamo, ok? Oddio, non vedo l'ora! Chissà come sarà l'autostrada da qui a Torino..."
"Credo uguale che da qui a Modena, Fidenza, Salsomaggiore, ma anche da qui a Firenze Scandicci e Roma Raccordo"
"Non sei spiritoso, e poi si vedranno le Alpi! Wow che figata che figata"
"Amore" (grattandosi la panza) "a volte sei proprio una bambina, e a me piace renderti felice"
"Ti amo"
"Ti amo"

Giovedì

"Allora andiamo, Marco, domani partiamo alle sei? Hai fatto metano, hai controllato l'olio?"
"Ehm amore"
"Eh"
"Questo fine settimana non ho la macchina".

Venerdì

"Allora, forse non ci siamo capiti bene, vedrò di essere più esaustiva, MI TROVI SUBITO UN CAZZO DI POSTO QUALSIASI SU UN QUALSIASI CAZZO DI MEZZO DI TRASPORTO CHE SBATTA IL SUO CAZZO DI LOCOMOTIVA, PRUA O ARGANO A MOTORE NEI PRESSI DI TORINO LINGOTTO, CAZZO, O LE SFASCIO L'AGENZIA"


Il viaggio, ovvero "dello spostamento", ovvero "Gran Trenino"

Va a finire che parto da sola ("Non ho la macchina perché devo andare in un posto sconosciuto a vendere uno strumento sconosciuto a uno sconosciuto"), munita di biglietto che mi assicura un prestigioso posto di seconda classe incastrata tra una signora che sa di pomata e un signore che ogni due minuti chiama la figlia al cellulare aggiornandola sul travagliato percorso del treno sul binario e delle scorie nell'intasata tangenziale metabolica del suo intestino ("adesso siamo a Bologna. Adesso a Salsomaggiore e c'ho del tramestio interiore. Adesso a Piacenza e c'avrei una certa urgenza. Adesso a Correggio e indovina un po' che cosa faccio?". Certa gente dovrebbe essere sbattuta giù dal treno come gli squatter senza biglietto, o in alternativa non essere MAI messa a parte delle tariffe You&Me).
L'aria condizionata non funziona, non c'è traccia di uomini col secchiello, cosicché non posso rifornirmi di acqua né distrarmi con alcun diversivo.
Ma non importa: era da un sacco di tempo che non viaggiavo da sola, e la cosa mi piace parecchio.
Ascolto i Sigur Ros, Amy Winehouse e i Quintorigo così, per disorientarmi i timpani, e guardo fuori dal finestrino le stazioni, la gente che corre per prendere il treno, la campagna tutta uguale (un punto per Marco), chiudo gli occhi e m'immagino, come sempre mi succede quando mi trovo in un vagone, di non essere me stessa, ma qualcuno con una vita molto ricca, molto interessante e molto impegnata. La manager di una grossa azienda, o una giornalista, o una mamma di quattro figli che studiano ognuno in una città diversa materie che finiscono per "nology", o qualcuno che va a trovare un amante lontano. Leggo un paio di articoli di "Rolling Stone" che ho comprato all'edicola della stazione solo per darmi un tono, dimentica del fatto che costi quanto tre "Novella", pesi almeno quanto quattro "Focus" e grondi spocchia come dieci copie del "Giornale".
Mangio una mela che mi sono portata da casa in un ultimo, disperato tentativo di far passare questo viaggio come un'avventura hippie e spartana, mentre tutto quello che vorrei sarebbe dare un morso all'invitante panino alla soppressata e pomodorini secchi del signore accanto a me (ecco spiegato l'ingorgo intestinale).


L'arrivo, ovvero "dell'approfittarne", ovvero "Gran Tomino"

Una volta vanificato il progetto dell'accampamento a quattro ruote, devo ora ammettere con più di un pelo di vergogna che ho giocato la carta "Caro amico ti scrivo" e mi sono autoinvitata a casa del povero Zio Robbo, reo di aver magnificato il mio libro sul suo blog, essersi messo in contatto con me poco prima del Salone del Libro e, soprattutto, di abitare a due passi dal Lingotto.
Lui e la sua ragazza sono stati deliziosi: la loro casa è deliziosa, i loro gatti sono deliziosi, il loro comodissimo letto dell'Ikea, sul quale sono precipitata a spirale dopo una cena a base di Panada con mega tomino al miele, risotto al radicchio e taleggio e porceddu con patate è delizioso e io li adoro; meno delizioso è stato l'oste che ci ha serviti cotanto bendidio cantando a squarciagola i classici immortali della tradizione neomelodica nostrana quali "E Pippo Pippo non lo sa" e "L'unico frutto dell'amor è la banana", ma tirando le fila posso solo dire che: per fortuna esistono i blogger, evviva i blogger che da tutta Italia scrivono e a vicenda si ospitano, evviva evviva trallalà.

Il Salone del Libro, ovvero "ah, ma allora è fatto così", ovvero "Gran Casino"

Fuori ci sarà una fila che quasi quasi si entrerebbe alle due del pomeriggio, per fortuna io sono VIP e faccia di bronzo ed entro con il pass "Espositore" concessomi dagli editori.
Il posto è. Immenso. E bianco. I pavimenti hanno la classica moquettina alta due millimetri di quel rosso arterioso che ammanta le Fiere di tutto il mondo, ma i soffitti sono alti ("Era una fabbrica di auto fino all'ottantadue"), la luce entra di sbieco come in un Caravaggio a illuminare di neon i Baluardi della Cultura Italiana (gli stand degli editori).
Io dei miei editori seguo il culo facendomi largo tra ragazze immagine su tacchi a capitombolo e giovani scrittori su velleità a capitolo, e una volta arrivata allo standino (gocciolante parole come gli stendini veri gocciolano umido) mi piazzo sulla sedia e da lì non mi alzerò se non per agguantare un Apollo al più vicino Punto Autogrill ("Gran Panino").
Lo so, avrei dovuto girare almeno un po', ma tutto quello che mi circondava era una folla oceanica composta da decine di migliaia di gocce diverse. C'era il giornalista di letteratura indie con le toppe sui gomiti e i tappi nel naso per non sentire l'odore di snob da lui stesso emanato, c'era la scrittrice che si vantava di aver vinto il premio Penna Strabica all'ultimo concorso per artisti miopi, c'erano i curiosi con i trolley, i giocatori di volley, qualche inquietante pupazzo umano a forma di gorilla per impressionare i firmatari di cause Greenpeace.
C'erano scolaresche, appassionati, mercenari della parola, incontri inavvicinabili con scrittori importanti, che per vederli bisognava prendere il numero come dal salumiere "vorrei tre etti di Ben Jelloun, ce l'ha senz'aglio?" "ho fatto tre etti e mezzo di Ammaniti, lascio?", c'era chi voleva darla a bere, chi si fermava per comprare un Dan Brown, chi un oscuro luminare della Cambogia che ha pubblicato una volta per Fazi e adesso rivendica il successo puntando diritto al copyright.
C'era chi pensava che alla fine è tutto un grande business, smerciando le proprie pagine come carta da cucina, tessendo le proprie trame sociali che nulla hanno a che vedere con quelle narrative, vergognandosi, io credo, almeno un po', nello sputtanarsi anima e core solo per vendere due copie di più, nell'atteggiarsi a giovane promessa per paura di passare per vecchia delusione ("Gran Furbino").

C'eravamo noi, compagni di avventure scribacchine, che controllavamo chi ci passava di fronte, chi comprava il libro di chi, quante copie avevamo venduto in più degli altri, ma agendo da amici, quali forse siamo, sedicenti scrittori della stessa scuderia.
C'era un enorme pannello raffigurante Luca Jurman in atteggiamento trascendentale, occhi chiusi e dita nel naso, a benedire il marasma di merciai dei sentimenti.
Non riesco a farmelo piacere, il commercio della cultura.
Non riesco a benvolere il raggiungimento dei traguardi economici, a ingoiare il succo di un discorso che non esiste, a fare i conti più con i soldi che con le idee, perché c'era questo, mi è parso, al Salone del Libro, troppi soldi e troppe poche idee.
C'era un senso di disuguaglianza: tanti scrittori pochi lettori, tanti editori troppi scrittori, troppa gente troppe statistiche e, per essere Torino, decisamente troppa poca cioccolata.








4 commenti:

mery ha detto...

alla fine davvero un peccato che torino non te la sei girata, per me è splendida!e viva!e grazie per il punto di vista sul Salone del Libro..dai andarci una volta è comunque valsa la pena!almeno ora sai com'è!
un abbraccio
mery

Choppa ha detto...

Ciao mery, sì è un peccato: anche secondo me dev'essere splendida...purtroppo il giorno dopo avrei avuto una presentazione vicino a Bologna, quindi mi sono esibita in una "toccata e fuga" da manuale.
Comunque certo, ne è valsa la pena, vale sempre la pena vedere posti nuovi!
un abbraccio a te

Nervo ha detto...

Io, che vivo a Torino, erano almeno dieci anni che non mettevo piede al Salone del Libro. E proprio per i motivi che enunci qui: tanto casino, poco amore per i libri intesi come veicolo di cultura. E poi: i videogiochi. Io adoro i videogiochi, ma che cosa c'entrano con i libri? Io li ritengo una forma d'arte, se fatti bene, ma distante anni luce dai libri...uno stand ENORME dedicato alla WII, un cabinato da bar che ruota a 360° - figata, ma roba da E3, fuori luogo qui. Praticamente, son venuto per te e per la presentazione del libro di Spinoza, e per fortuna che almeno son riuscito a salutarti al volo, perché non credo che mi sarei fatto un Salone solo per una presentazione di cui si straparlerà su Internet.
Ora, dammi il tempo di finire il secondo Stieg Larsson e mi tufferò in compagnia di Nina. Ché ho atteso questo libro troppo tempo :-)

Anonimo ha detto...

Ah! Ma quante avventure! indiana jones Sukaaaa!!!

Che bello viaggiare da sola in treno, anch'io m'immedesimo nella vita degli altri. Dove andrà, perchè ha comprato mezzo chilo di cioccolatini allo stand Lindt della stazione?, come mai sull'inter regionale in tacco 12 e calze a rete?

I migliori film sono quelli che mi faccio in treno, pensando alla vita degli altri.

Ci potresti scrivere su un bel bò, eh?

Chino il capo e me lo stra cospargo di cenere, maionese e ketchup per aver glissato la presentazione a Calderin,(mai meta più vicina alle mie chiappe) e "preferito" star a far trilioni di caffè a pensionati sporcaccioni!

POi mi devi da raccontà! Te saluto

Stefania