giovedì, giugno 25, 2009

Scilla


Ho visto il loro culo sparire dietro la porta. 
Un rumore leggero, CLAC, ed ero da sola. 
Sono rimasta ferma ad aspettare il ritorno:  per ore la stessa maniglia che non si abbassava mai.
Se ne sono andati proprio all'ora di colazione, gli stronzi, lasciandomi con una fame che mi sarei sbranata un ramarro prima della muta della coda, con quell'appendice viscida che ti fa il solletico allo stomaco, brrr, non è proprio una sensazione piacevole, ma ve lo ridico eccome, me lo sarei pappata senza problemi.  Non mi avevano lasciato niente, nemmeno un pugnetto di riso.
Così ho cominciato a chiamarli, magari erano lì dietro e stavano per entrare, magari mi avrebbero sentita. 
Ehi ehi ehi ehi ehi.
Li ho chiamati così tanto che mi è venuta sete, così ho bevuto. Acqua ce n'era un po', non è che ne faccia fuori a galloni, mezzo litro mi basta per giorni e giorni.
Mi sono lavata.
Ho seguito il volo di una mosca con lo sguardo, finchè non mi è preso un sonno invincibile e sono crollata a dormire sul tappeto. 
Mi sono svegliata che era buio. Che fame avevo, dio pollo. La mosca non c'era più, di notte quelle dormono o vanno a spasso con le lucciole. 
Sono andata in giro per la casa a cercare un po' di cibo. 
Ma niente, avevano ripulito tutto. 
E non tornavano.
E' durato per un po'.
Io che fisso la porta, muoio di fame, mi faccio venire la gola secca a forza di chiamarli, non mi sentono, mi viene sete, piango, dormo.
Buio.
Luce.
Buio.
Finchè una mattina l'acqua è finita e io sono scappata dalla finestra del bagno. 
Mi sono fatta un po' male cadendo da lassù, ma sono atterrata integra su un'aiuola di fiori pregiati che la mamma chiamava "Guaiselitocchi". Per fortuna non sono caduta sui "Noncipensarenemmenomostriciattolo"; la mamma se la sarebbe presa a morte se avessi distrutto quelle splendide macchie rosa.
O forse, dovrei dire la mia vecchia mamma. 
Sono stata orfana per altre due luci e un buio.
Ho camminato sulle foglie bagnate e mangiato formiche (poco nutrienti ma croccanti e deliziose, e non bastano mai, proprio come le ciliegie), chiamato aiuto senza che nessuno mi sentisse. 
Eppure li vedevo, i gufi e le volpi  fare gli gnorri dietro i cespugli. 
Se ho avuto paura?
No.






Ok, sì.
Quando sono arrivata davanti a quel cancello ho pensato: "è proprio uguale al mio, forse è di una casa uguale alla mia, ci sarà un'altra famiglia, forse, non lo so, ci provo, aiuto aiuto aiuto" e i miei circuiti erano andati in pappa. 
Vedete, io SAPEVO di essere stata abbandonata. Che la mia mam...la mia vecchia mamma aveva preso baracca e croccantini e se n'era andata lasciandomi sola. 
Forse aveva a che fare con quella parola che ultimamente ripeteva in continuazione,  qualcosa tipo "crociera".  
Comunque, appena passai attraverso le sbarre di quel cancello, di una cosa avevo paura davvero.
Non del bosco o delle volpi o della sete che mi stava facendo impazzire.
Non di quello che avevo visto, o della fame che sarebbe potuta non finire mai.
O della morte; no.
Avevo paura di non capirlo più. Di dovermi trovare di nuovo ad amare una mamma che un giorno mi avrebbe abbandonata, senza rendermene conto, questa volta. Senza cogliere le parole cattive: "vacanza", "via", "sempre".
Temevo la brutta sorpresa definitiva, quella che ti aspetta quando riponi buona fede.
L'altra faccia della speranza.
E poi, naturalmente, avevo una paura fottuta di Lui.
Allora non sapevo che è il nonno più buono della terra, e quando l'ho visto nel suo giardino, così grosso, grasso e rosso, mi ha spaventata a morte.
Cominciai a girargli intorno e cautamente a dirgli "ciao, ciao. Ho solo fame. Sete. Non farmi del male".
Lui emise quel verso odioso che somiglia a un piccolo bacio, parlò dentro a un coso e disse più o meno
"Alloraviaspettochec'èunnuovoamico".
Mi accarezzò. Mi tranquillizzai un po'.
E poi arrivarono loro due.

Adesso facciamo proprio un bel trio: mangiamo insieme, corriamo per il corridoio, giochiamo agli agguati e ci divertiamo un mondo a scivolare sul tappeto. Hanno anche una pallina arancione che fa "drin drin"; me la tirano e io mi lancio in una corsa scatenata, mi fa impazzire, me la sbrano tutta e dopo due giorni ritorna come nuova. Non so come fanno, sono magici. 
Ho un palo meraviglioso da grattare con un topolino che vive lì attaccato e che si muove se lo caccio, e anche se lo mordo e graffio e stritolo tra i denti non muore proprio mai.
A volte quello con gli occhioni si nasconde dietro la porta e io mi prendo uno spavento
(la maniglia non si abbasserà più e lui non tornerà), ma invece ricompare all'improvviso e mi salta addosso facendomi il solletico, e io mi spancio dal divertimento.
Quella con le cose morbide davanti, invece, mi strapazza di coccole e mi prepara dei pranzetti meravigliosi.
Ogni giorno mangio pesce. E poi ho carne, riso,  tanta acqua che scende come una cascatella da un coso grigio. 
Ho un posto profumato dove fare la cacca.
La mattina balzo sul loro letto e faccio "Ildiavolaquattro".
Quello con gli occhioni mi dice "piantala Scilla" e io gli lecco il naso e dico "famefamefamefame dai dai è mattina sveglia famefamefame", ma lui si gira dall'altra parte, grugnisce e russa.
Quella con le cose morbide davanti, invece, dice "Scillaaaaa sei una rompina" e mi bacia in mezzo alle orecchie e mi riempie di cose buone.

Ecco, io un po' di paura ancora ce l'ho.
Perchè sono buoni, la mia nuova mamma e il papà, e anche quel nonno che mi ha trovata per primo (ieri abbiamo guardato una cosa che si chiama "Partita" insieme. Lui sulla poltrona, io stesa sulla sua panciona. Mi mette ancora un po' di soggezione, specie quando dice a voce alta "Maseicapaceditirareonopiediabanana", ma poi mi guarda e fa "Belliiiina" e io mi calmo).
Perchè mi piace stare con loro. 
Perchè una volta, quella con le cose morbide davanti era stesa sul letto, ma non dormiva. Piangeva.
Faceva "Aiuto aiuto aiuto" proprio come ho fatto io quando sono rimasta sola.
Quello con gli occhioni stava chino su di lei, la guardava e le ripeteva "va tutto bene, lo sai, va tutto bene, ti amo", e io ho capito che stava male, lo sapevo anch'io, ma non potevo accarezzarla nè dirle ti amo.
Allora sono salita su di lei, mi sono accoccolata sulle sue cose morbide e ho messo il mio muso contro al suo.
Sentivo i corpi di tutti e due respirare insieme, e io in mezzo a loro, nel buio della camera da letto.
Perchè quella volta non ho detto niente, li ho ascoltati e ho capito una cosa.
Anche se non riesco a cogliere prima le parole brutte, se non riesco a vedere in tempo l'altra faccia della speranza, a me non importa. 
Perchè ho paura? Perchè mi fido. 

11 commenti:

Anonimo ha detto...

1 quand'è che sei stata male e dicevi aiuto aiuto???

2 io la mia gatta me la tengo!

Choppa ha detto...

1) un episodio depressivo qualche tempo fa
2) e direi, "anonimo"!

Lady Cocca ha detto...

Credo sia uno dei post più belli in assoluto che abbia mai letto..

DRESSEL ha detto...

brava. davvero bravissima.

.C annA ha detto...

Senza parole!

Prisma ha detto...

Questo si chiama talento!

daniela ha detto...

Bellissimo. ;-)

Anonimo ha detto...

mamma mia che meraviglia di racconto. Non lascero' mai piu' la mia gatta da sola ..nemmeno per un giorno

Rosa

Andrea Patassa ha detto...

Secondo me, te sei pronta per scrivere tanto e bene.

Ricky ha detto...

Cavoli, mo c'ho gli occhi lucidi, come il resto del corpo (per il clima)!

Choppa ha detto...

grazie a tutti da me e da Prisci.
Vi lecchiamo affettuosamente.