giovedì, novembre 22, 2007

Seicento

Come ogni biennio, i giorni passati per ora sono due e sembrano seicento.
Mi alzo alle sei, infilo come posso i miei nuovi vestiti da manager (dovreste vedere come tacchetto fiera per i portici, con i baristi che mi servono per prima e la gente che mi tratta da persona seria), butto giù due sorsi di caffè bruciato e vado all'Accademia Filarmonica.
Lì, il tempo diventa cose.
I secondi sono i tasti bianchi e neri dei clavicembali scordati dall'usura.
I minuti sono i fogli degli spartiti sciolti che io e D. riordiniamo in fretta prima che inizi un'esecuzione, che ci scappano di mano e non troviamo più.
Le mezz'ore, gli stessi brani di Bach suonati sedici volte e sempre diversi.
Come ogni biennio, il tempo passato per ora sembra poche cose e sono seicento.
I ritratti appesi alle pareti tappezzate di velluto,
la pianta finta sul mobile impolverato,
le poltroncine verdi, una borsa di juta con un vestito da concerto dentro, nascosta dietro la pesante tenda grigia.
Sarà questo sentirmi indispensabile, dover organizzare e correre dodici ore al giorno per soddisfare le esigenze di un manipolo di appassionati di seicento, saranno i concorrenti e l'ansia positiva che mi trasmettono, saranno i caffè dal prendere al bar per la giuria, e veloce mi raccomando, saranno le cose, saranno i tacchi, sarà il tempo.
Saranno le persone, le lingue che finalmente pratico, le sopracciglia agrottate in un difficile passaggio di Couperin. I guanti a mezze dita, il farmi valere, sarà che non faccio che appassionarmi all'iperattività. Hai le parti? As tu besoin de quelq'un qui tourne les pages?
Teneis que elegir la hora de estudio que prefereis, si certo gliele porto subito, il prossimo candidato eseguirà i brani obbligatori di Duphly, cazzo dobbiamo sbrigarci, when do you have to reharse? Le frasi, le frasi, le parole che dico!!! Non sto zitta mai, corro, non ho il tempo di bere, ho nelle viscere delle emozioni, saranno una o due ma sembrano seicento.
Sarà che faccio quello che mi sento al momento, più di quanto non accada negli altri giorni, quelli che sono seicento e sembrano due.
Sarà lo stress ciò che accomuna, sarà la musica? Non per me, che diventa cosa, come il tempo.
Sarà che finisce.
Che siamo a metà.
Sarà che domani mi aspetta una giornata da far impallidire un facchino claudicante.
Sarà che sono felice e non vorrei lo sapesse nessuno, che mi basta lavorare così per esserlo davvero.
Eppure guardatemi adesso, con il cellulare sempre acceso e il cartellino appeso al bavero della giacca perbene, le gambe stanche e il cuore, i polmoni, ogni organo interno rivestito di orgoglio e voglia di abbracciare chi mi aiuta a compilare un orario di studio su tre strumenti.
Un sorriso interiore largo così e trentadue denti che sembrano seicento.
I collant integri e i fiocchetti sulle ballerine.
Seicento cose da fare e ancora non ne ho a basta, anzi, voglio che continui.
Guardatemi.
Verrebbe voglia di uccidermi.

4 commenti:

DRESSEL ha detto...

non metto in dubbio che cotanto uffizio sia molto faticoso...però che meraviglia!!! tu suoni qualche strumento?

Choppa ha detto...

non ora. ho suonato la tromba e cantato in un coro gospel, vorrei ricominciare a cantare a breve ma adesso musicalmente sono ferma. A parte per l'associazione clavicembalistica, che corro come gigi la trottola e ferma non sto.

guccia ha detto...

Bellissimo pezzo di una bellissima vita.

DRESSEL ha detto...

ti ho linkata!
http://maestro-e-margherita.blogspot.com/ passa a trovarmi, mi raccomando!