sabato, agosto 12, 2006

PAZ

A tredici anni avevo una migliore amica.
Spendevamo tutto il tempo disponibile a mangiare piadine fredde con la maionese, gironzolare per Bologna, lamentarci dei rispettivi genitori e della varia umanità nostra coetanea così superficiale e ingenua.
Ci sentivamo intelligenti, tragiche, diverse. Avvezze a piaceri sublimi sconosciuti ai più, quali la lettura di Linus quando si ha la febbre, andare nei centri sociali a vedere le "crews" che "taggeravano" i muri e cercare di imitarle sui diarietti degli squallidi compagni di scuola. Oppure starsene sdraiati su un materasso buttato per terra in soffitta, d'estate, a parlare di niente e sentire l'odore di metallo e vecchi giornali e di amicizia così bella che anche se c'è silenzio non è di quello imbarazzante eccetera eccetera.
Soprattutto ci vedevamo in camera sua, ognuna prendeva un libro o una rivista (di solito "Rolling Stones") e passavamo il pomeriggio così.
Sua mamma cucinava benissimo. Era di origine pugliese, mi sembra, e mi ricordo delle verdure super oleose e super piccanti da far venire i brividi, e se non fosse stato per colpa del mio temporaneo e masochistico periodo vegetariano (io, capite? Io vegetariana! ma cosa succede nella testa quando si hanno tredici anni?) avrei sentito volentieri tutti quegli arrosti, quei salamini speziati, quei pesci profumati che metteva in tavola ogni sera.
Ma volevo essere particolare, interessante, ammirata, volevo sentirmi chiedere "da quanto tempo sei vegetariana?", e così rifiutavo quegli intingoli meravigliosi, oltre a colorarmi i capelli di viola, verde e blu, vestirmi con pantaloni di velluto strappati, appendermi spille da balia alle orecchie, girare con un'espressione alla Jack Nicholson in "Qualcuno volò sul nido del cuculo" e spararmi un anello nel naso che ancora resta, in ricordo di quell'epoca straziante ed eterea.

Un pomeriggio, sdraiata sul suo letto, leggevo un fumetto di Pazienza.
A un certo punto lessi "Oggi morirò".
Chiesi: "Ma muore davvero?"
"Ma no, non muore".
"Sì, però è morto di overdose no? E lo sapeva quel giorno che sarebbe morto? Cioè, l'ha scritto prima di spararsi l'ultima?" (E già assurgeva a idolo, nella mia mentolina fradicia di Cobain e Buckley)
"Mannò, non lo sapeva. E' come se io oggi scrivessi "oggi muoio", ecco, però non muoio davvero."

E l'amica la sapeva lunga, con le sue unghie laccate di nero e le cassette dei Pantera. E a me sembrò così strano e triste e pericoloso che qualcuno potesse scrivere una cosa del genere senza che fosse vero.

Ecco, io oggi muoio.

Devo prendere l'aereo per andare a Budapest, avrete senz'altro sentito degli attacchi terroristici sventati dalla Scotland Yard di Dylan Dog che qualche volta la fa giusta e qualche altra no.
Ho un po' paura.
Ingiustificata, forse.
Ma a titolo scaramantico lo scrivo: se dovessi rimanere vittima di un atto terroristico, voglio che sappiate che ben mi sta. Ben mi sta perchè il mio Paese ha appoggiato (e sta ancora appoggiando) una guerra atroce, e io non ho fatto niente per impedirlo.
E pur essendo contraria a qualsiasi gesto di violenza che non siano le scene di Kill Bill, posso capire i terroristi che mi hanno ammazzata.
Le loro ragioni ce le hanno eccome.

Speriamo che Paz avesse torto.

2 commenti:

Pa ha detto...

Dai ora è il periodo migliore per volare, i controlli sono serratissimi.

Choppa ha detto...

...infatti è andato tutto bene, come sai...anche se il volo dell'andata mi ha ricordato un meraviglioso viaggio in una lavatrice in centrifuga.