martedì, luglio 11, 2006

Roma -un peana-


Arrivare a Termini è per me un'esperienza rigeneratrice.
M'immergo nella folla strepitante come farebbe una patatina nel ketchup, tiro un bel sospirone di sollievo e trascino il fidato trolley verso il chiosco di Mr.Panino, dove per tre euro ti danno una baguette lunga un metro e mezzo piena di salsiccia, pomodoro, insalata e maionese.
In una mano l'ombrello rosso formato uragano Johnny, la valigia e La Repubblica ridotta a un moccichino usato, nell'altra la borsa e il castigo di dio alla salsiccia, mi dirigo con la grazia di un Pavarotti ubriaco verso la fermata del 75.
Come amo Roma.
Il 75 è senza aria condizionata, e la gente si strofina la faccia con dei lenzuoloni soffrendo come polli da batteria, ma questo non li spinge ad aprire i finestrini. Ci penso io, mollo la valigia a terra ODDIO! ....fiiiiuu, il panino è salvo, dico "scusi" una decina di volte, apro tutto il possibile e mi aggrappo alla prima cosa stabile per godermi il viaggio che mi porterà al Bed&Breakfast "Casa Cibella", nel quartiere Monteverde.
La "prima cosa stabile" si rivelerà ben presto essere la gamba di un pazzoide che non solo mi dirà con aria lasciva "bella tettona", ma che scenderà alla fermata successiva, lasciandomi senza appigli disponibili per gran parte del viaggio. Poi troverò un guinzaglio attaccato a un alano e potrò finalmente rilassarmi.
Io Roma l'adoro.
Percorro via Nazionale lastricata di sanpietrini, detti anche "mattonelle della morte" e traballo producendomi in intriganti rollii di cicce, sbrodolandomi di salsa gialla e godendomi la vista di Santa Maria Maggiore, una delle più belle chiese di Roma.
Passo davanti al Colosseo, i turisti americani fanno "ooooh" come i bimbi di Povia, i romani nun lanceno nemmeno 'nocchiata e io ingoio l'ultimo boccone di superbaguette, in estasi pensando a come i romani possano vivere proprio qui, e in fondo fregarsene. Io non riesco a non far caso alle due torri e loro non sopportano l'Altare della Patria, ignorano la Piramide e passeggiano veloci in Piazza Navona.
Eppure nessuno ama la propria città come la amano loro.
Perchè Roma la vivi, la senti sull'epidermide, ti entra nei polmoni con il suo vento, le sue puzze, le strade sporche e bagnate d'acqua onnipresente, tanto che dopo un po' tu diventi Roma e Roma diventa te. Sarà ppe qquesto che è così facile prenne l'asscento.
Da qualche anno la città è molto cambiata; i trasporti sono migliorati, la pulizia delle strade è vicina ad uno "standard europeo", in generale c'è molto meno degrado e più ordine di quanto ce ne fosse sei anni fa. Credo che Veltroni abbia fatto e stia facendo un ottimo lavoro, ma parliamo chiaro: Roma sarà sempre la stessa.
Non riuscirà mai, e per fortuna, a diventare come Milano: perfettamente efficiente, veloce, indifferente, con gli autobus in orario e i concept bar coi tavoli di Philip Stark.
Roma è ragazze vestite Dolce e Gabbana che parlano come Califano, è cercare di non pestare le merde nelle stradine vicino a via del Corso. E' la signora fresca di parrucchiere che mangia la coda con le mani, la limousine lunga sette metri davanti alla trattoria Checchino. I piedi sporchi nei sandali Louboutin.
E' per questo che mi piace, è questo che amo di lei: il lusso e lo sfacelo, senza che nessuno dei due elementi prevalga mai.
Quando vado a Roma ho dei punti fermi: leggo sulle poltrone della Feltrinelli di Largo Argentina, mangio il baccalà fritto da Giggetto, mi siedo in Piazza Navona, passeggio per il ghetto e mi commuovo davanti al Pantheon.
E ogni volta si aggiunge un nuovo rito: andare a guardare il panorama al Gianicolo, comprare la grattachecca, fare shopping nel quartiere cino-indiano dietro la stazione.
Stavolta, il rito è stato guardare la finale Italia-Francia.
Alzandomi col cuore in gola ogni volta che la palla rimaneva incollata ai piedi di un gallo (il che vuol dire aver passato la serata in piedi), e stando zitta dopo il rigore di Grosso apposta per sentire, in tutta la Capitale, le urla degli altri.
Andando alla pizzeria al taglio di piazza Ottavilla a mangiare tranci su tranci di margherita e un chilo di anguria offerto da un euforico pizzaiolo, con la gente bardata nelle bandiere che urlava l'elmo di Scipio con la bocca colante sugo e semini.
Io Roma l'amo, di un amore puro che non conosce melensaggini, che accetta i difetti, gli errori, le cadute, che non s'aspetta di essere ricambiato, che non conosce vergogna, nè rancore, nè gelosia.
L'amo come i romani amano Totti, che anche se gioca come un omino del Subbuteo in sovrappeso resta l'eroe che ha tirato il rigore che ci ha permesso di essere qui, adesso, Campioni del Mondo.
E anch'io mi presenterei al Circo Massimo, festante, a gridare d'amore.
Solo che in mano non terrei il faccione da patata der Pupone, ma una fotografia in bianco e nero dei panni stesi tra un balcone e l'altro di un vicoletto stretto, di un vicoletto di Roma, che è Roma tutta, e Roma resta, senza dover essere Piazza di Spagna.
Ma col pensiero che, volendo, la si può raggiungere a piedi.

6 commenti:

Choppa ha detto...

***Comunicazione di Servizio***
nel post "Quarant'anni e non sentirli" c'è il commento del protagonista! Leggetelo e commentatelo!

Anonimo ha detto...

Una spiaggia ai piedi del letto/Stazione termini ai piedi del cuore.

Bellissimo post, e se ancora non la conosci, ti consiglio di guardarti le foto che sicuramente avrai fatto, e avvoltolarti nei ricordi dei tuoi giorni romani con "le strade di Roma" di De Gregori.

Di nuovo, ben tornata :)

Choppa ha detto...

...e son già ripartita!
Quest'estate promette pochi giorni rintanata nella mia casetta di periferia.
La canzone non la conosco ma non vedo l'ora di trovarla.
Vado a leggere quello che hai scritto a proposito dei mondiali, è da un sacco che non faccio un salto sul tuo blog (chiedo venia).
a presto!!

Anonimo ha detto...

Ti lascio un assaggio. Ma guai a te se non l'ascolti :)

"Per le strade di Roma", De Gregori (Calypsos 2006)

C'è adrenalina nell'aria
Carne fresca che gira
Polvere sulla strada
E gente che se la tira
E a tocchi a tocchi una campana suona
Per i gabbiani che calano sulla Magliana
E spunta il sole sui terrazzi della Tiburtina
E tutto si arroventa e tutto fuma
Per le strade di Roma

Ci sono facce nuove
E lingue da imparare
Vino da bere subito
E pane da non buttare
E musica che arriva da chissà dove
E donne da guardare
Posti dove nascondersi e case da occupare
Che sono arrivati i Turchi all'Argentina
E c'è chi arriva presto e chi è arrivato prima
Per le strade di Roma

E c'è un tempo per vendere
E un tempo per amare
E c'è uno stile di vita
E un certo modo di non sembrare
Quando la notte scende
E il buio diventa brina
E uomini ed animali cambiano zona
Lucciole sulla Salaria e zoccole in via Frattina
E tutto si consuma e tutto si combina
Per le strade di Roma

E a tocchi a tocchi una campana suona
Per i ragazzi che escono dalla scuola
E sognano di fare il politico o l'attore
E guardano il presente senza stupore
Ed il futuro intanto passa e non perdona
E gira come un ladro
Per le strade di Roma

Anonimo ha detto...

da romano, grazie per averla capita con la tua precisione a volte chirurgica e per amarla con la tua profondita'.

Choppa ha detto...

questo sarebbe un complimento anche per un romano. grazie.