domenica, luglio 27, 2014
Trenta e Contenta!
Qualche mese fa, mi pare fosse maggio, ho avuto un altro momento di crisi d'identità. Tutto l'anno è stato così, caratterizzato da inquietanti e depressivi episodi di "ma io, esattamente, nella vita, che cosa voglio fare?" con abissi di "non sono in grado di combinare nulla" punteggiati da picchi di "forse è meglio che molli tutto e riparta da zero".
Proprio quest'ultimo picco mi sono ritrovata a scalare a maggio.
Non è molto divertente, ve lo assicuro, specie per chi sta scomodo come me con ai piedi i ramponi da alpino impavido dell'animo umano.
Io vorrei solo far la scema, leggere i libri di Sophie Kinsella e ballare la macarena sulla spiaggia.
Invece mi ritrovo con un'indole da Sartre adolescente.
Per forza che c'ho le crisi d'identità!
Comunque, vi dicevo, a maggio eccomi là che rispondo a un annuncio di lavoro su internet.
Mi ero stufata di non avere un lavoro fisso, di non avere soldi in tasca nemmeno per il metano per recarmi al lavoro precario, di non avere orari stabiliti, un ufficio, dei compiti precisi da svolgere.
Volevo un po' di normalità. Uno stipendio che prevedesse l'accredito sul mio conto corrente.
Una vita in cui le parole IBAN, cartellino, ferie, potessero acquisire anche nella mia vita un significato comune, condiviso, uguale a quello che hanno più o meno in quella di tutti.
Così, pregando (letteralmente, in lacrime davanti al mio altare buddista), di ricevere una risposta, ho ottenuto un colloquio di lavoro il giorno dopo (l'altare buddista funziona, poche pippe, ve lo garantisco io).
Era per un lavoro in una web radio. Fisso, pagato. Come esperta di comunicazione web. Ho parlato per un'ora di me e di cosa intendo io per comunicazione ai due fondatori della radio. Ho parlato del mio adorato Wonderful blog, di voi lettori e di come mi abbia permesso di pubblicare due libri, tanti racconti e di entrare ufficialmente nel mondo dell'editoria da professionista. Tutto grazie alla mia mania di raccontarmi senza remore.
Beh, loro sono rimasti colpiti.
Mi hanno detto "che brava, complimenti. Ci piaci", e io già mi vedevo a svegliarmi tutte le mattine alla stessa ora, tutti i mesi con il mio stipendio, tutti i giorni con compiti da svolgere, risultati da raggiungere, attività da portare a termine.
Sono uscita dal colloquio nel mio bel vestitino nero che volavo dalla gioia, nella brezza leggera.
Mi hanno fatto fare un test psico-attitudinale. Pare vada molto di moda ultimamente.
180 domande da rispondere a crocette, del tipo:
"pensi di essere una persona divertente?" Si No A volte.
"Hai mai avuto problemi di peso?" Si No A volte.
"Pensi che il tuo futuro sarà certamente meraviglioso?"
Io ho risposto a tutto, ho inviato e ho aspettato.
Dopo un mese mi hanno richiamata, dicendomi che avevano scelto un'altra persona con più esperienza.
Però io gli ero piaciuta, davvero. Anzi, sarebbero stati entusiasti se avessi voluto curare il loro blog, con un mio canale in cui potevo scrivere tutto quello che volevo.
Gratis.
In cambio, potevo farmi pubblicità, pubblicizzare i miei libri.
Allora mi sono detta, per prima cosa: "cazzo, no."
E per seconda: "adesso anche basta".
Così gli ho mandato un'email. Ho usato le parole "scrittrice", "valore", "lavoro", "pagamento" e "dignità".
Ho detto che un blog dove farmi pubblicità io già ce l'ho, e seguitissimo da un sacco di lettori affezionati e partecipi, che spesso mi scrivono email e messaggi meravigliosi, pieni di gratitudine ed empatia.
Che se davvero per loro sarebbe stato un vanto avermi tra i loro collaboratori, allora avrebbero dovuto sapere che la qualità ha un prezzo. Che non si può svendere. Che io non mi voglio svendere.
Perché sono brava.
Ecco, questo è stato il massimo.
Dirgli, fargli sapere che sono brava.
Ecco perché c'avevo il cuore leggero quando sono uscita, accidenti.
Mica per il possibile stipendio.
Mica per il miraggio di una vita regolare.
Mica per l'ufficio.
Ma perché, per la prima volta, ho capito che sono fortissima.
Poi, siccome sono umana e à la Sartre, ovviamente sono ridiscesa nell'abisso.
Ok, alla radio non mi hanno presa. Ora che faccio?
Scrivo (non so scrivere. Invece sì, sono brava. Invece no).
Scrivo il nuovo libro e in tutta fretta, perché se voglio viverci, con questo mestiere (non è un mestiere. Invece sì. Guadagni pochissimo. Sì ma è il tuo) allora devo scrivere un nuovo libro ogni anno.
E poi...ho quasi trent'anni.
E lì, l'inferno.
Trent'anni.
Quando ero piccola, m'immaginavo che a trent'anni avrei avuto marito, figli e un lavoro fisso? Sì, No, Forse.
Non ho combinato niente.
Eccomi qui, scapestrata, senza soldi e pure vecchia.
Poi, in questi mesi, da maggio al 23 luglio, giorno del mio trentesimo compleanno, sono successe tante cose.
Il mio terzo libro prende forma. Ha uno scopo, un senso, e a fine settembre lo consegno alla mia agenzia.
Le mie agenti, sotto sotto, credo mi detestino perché le faccio aspettare un casino di tempo. Eppure mi scrivono "non ti preoccupare Marta, perché questo tempo non è sprecato".
Diventerò di nuovo zia.
Ho cominciato a fare concerti con i miei due gruppi. Canto benissimo! E mi diverto un sacco.
Era una cosa che volevo fare da quando avevo undici anni, e il percorso è stato un po' tortuoso, ma eccomi qui.
Con amici musicisti. Con un compagno che suona con me. Con tanta gente che si scatena a ogni nostro concerto.
Ho festeggiato i miei trent'anni con gli zii, la nonna, i cugini, il nipote che li compie pochi giorni prima di me.
Abbiamo mangiato l'insalata di pasta fredda e la moussakà al forno piena di ragù.
"In onore di questo autunluglio!"
Ho ricevuto in dono dei tupperware, due foulard e un sacco di strofinacci da cucina (capito l'antifona, grazie, sono proprio vecchia!).
Poi ho deciso che festeggerò anche prima di partire, con tutti i miei amici, mangiando crescentine e brindando alla nostra salute.
A quella salute che, dopo una certa età, è la cosa più importante di tutte.
Ieri sera, subito dopo aver cantato a un matrimonio, mi sono riempita un bicchiere di Guinness fino all'orlo.
Sono stata attenta a non fare troppa schiuma, a non farla scivolare oltre il bordo.
Avevo i capelli sudati per il concerto e le labbra col rossetto sbavato.
Avevo un vestito troppo scollato; nelle foto mi si vedranno le tette, ma non importa.
Insieme, io e i miei compari, abbiamo alzato i bicchieri parlando di prossimi concerti.
Ho sentito, in fondo, nei vassoi lucidi pieni di cioccolatini, nelle candele, nei miei piedi nudi con le unghie smaltate di viola, nell'umidità che colava dalle foglie dei cedri, che sono tutta intera.
Che sì, nel percorso fino a qui ho perso amici, denti, certezze, persino un organo.
Ma io sono qui. Questo è il mio percorso. Quelle erano le cose che dovevo perdere, e chissà quante altre se ne andranno, e chissà quante altre ne troverò.
Ho trent'anni.
"Pensi che il tuo futuro sarà certamente meraviglioso?"
Sì.
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8 commenti:
Casarini, avanti tutta!
Pazienza la radio, lasciagli la persona di esperienza. Tu hai fatto bene a rispondergli come hai fatto. Lavorare gratis anche basta.
Baci e sempre forza, bella forza, quella che hai dentro, e quella che trasmetti agli altri.
Cosa poter dire? Grande Marta... hai una vita piena di successi... concentrati su quelli e vedrai che la vita diventa sempre più "grandiosa"... lascia stare i "se", i "ma", i "volevo"... se sei qui è perchè qui volevi essere...
Luce e Amore
Francy
tanta vita da percorrere, e quella già fatta valorizzata... inspirational, come direbbero certi guru del self help
ti voglio bene Marta e vado subito a vivere anche io
tua Nico
tanta vita da percorrere, e quella già fatta valorizzata... inspirational, come direbbero certi guru del self help
ti voglio bene Marta e vado subito a vivere anche io
tua Nico
Ma la mia marta! sei fantastica,forte e coraggiosa. Trent'anni sono un traguardo grande e non sono niente. Avrai una vita merabilleusa come hai avuto fin'ora e anche di più!
Tanti grazie, baci e biscotti bigusto a tutti!
Poesia.
Mi hai fatta commuovere.
Ti voglio un bene così grande che nemmeno puoi immaginare.
Anche io ti voglio bene scarabocchia!
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