venerdì, aprile 06, 2012

And all You create, and All you destroy (parte 1)

Prima di crollare stremata sul giaciglio sgualcito, senza neppure la forza di leggere quelle cento, centocinquanta pagine che mi separano dalla fine dell'ultimo  Stephen King (ma insomma, qualcuno mi dice se alla fine 'sto qua lo ammazza o no, l'assassino di Kennedy? E' che sono in ritardo mondiale con la restituzione alla biblioteca...), vi anticipo un post tutto dedicato alla ristrutturazione di casa mia, che proprio mia mia non è in quanto in affitto, ma insomma ci vivo da 24 anni quindi forse un po' mia lo è diventata, col tempo, con gli acari nutriti a mia pelle; e non è che la ristrutturazione parzialissima di un appartamento che non è neanche mio e che comunque avrebbe ancora da essere ristrutturato sia chissà quanto interessante, anche perché non ho stupefacenti foto prima/dopo da mostrarvi, però ecco mi servirà a illustrare il concetto che appunto vi anticipo ora.
Creare, distruggere.
Non costruisco case.
Di mestiere non è che mi metta a dipingere soffitti, sistemare magazzini, aggiustare tubi, piantare chiodi. Non è che abbia una macchina che intagli i materiali per formare oggetti artistici, non ho legni, né metalli, non è che alla fine di ogni giorno possa dire: "ok, ecco quello che ho fatto tutto il tempo, prendi, al volo!", e non ho ancora capito se questo aspetto mi manchi.
Penso, penso molto. Non è che ci debba mettere sopra un rivestimento in acciaio. E' questo quello che vuol dire, il bisogno di fare qualcosa con le mani? E' per questo che cucino, che devo fare io le pulizie, anche se non avrei tempo perché mi serve tempo per essere astratta, lavare i piatti stendere il bucato, è questo il quotidiano necessario a sentirsi utili, se di mestiere non si costruisce niente?
Sto aspettando che mi chiamino da Milano, aspetto che arrivino i parenti per Pasqua.
Nel frattempo devo pensare e spolverare.
Produrre: le uova sode colorate, le fatture, una casa accogliente, eppure dovrei trovare il tempo per continuare questo mestiere in cui non produco niente.
In cui distruggo, più che altro, in cui penso molto, sì, penso molto, penso molto più di quanto poi alla fine non dica, non scriva.
Adesso non posso scrivere, devo passare il Tot lavaincera.
Così guardando la parete dietro al divano che è stata fatta da chi lavora molto e pensa forse anche più di me e  sa fare d'altra parte anche le pennellate storte così di moda, che adesso stanno dietro al mio divano, penso che smontare la mia casa e ricostruirla pulita senza buchi nel muro stando attenti a non sporcare di nuovo sia una dichiarazione di intenti verso la mia vita futura, quella che partirà proprio con quelli di Milano che mi diranno "ok allora quello che hai scritto lo facciamo diventare così così così e così", così alla fine imparerò cosa vuol dire allora costruire e distruggere e smontare qualcosa che non puoi neanche prendere al volo.

In tutto questo, però, nell'intangibile, io stasera ho aperto il file del manoscritto e mi sono riletta la sua fine, che sperando in dio a Milano magari non me la smontano, e ho provato la stessa soddisfazione di quando in casa è tutto pulito, tutto pronto, in attesa di venire stravolto dall'orda affamata degli ospiti.

4 commenti:

Debora ha detto...

E io te lo auguro, che rimanga così com'è, perché a quel punto puó prendere il volo...
Buona Pasqua Marta!!

Marta ha detto...

Buona Pasqua anche a te, in attesa di venire stravolta...

Allie ha detto...

L'hai finito poi 11/22/63 (o 22/11, a seconda dell'edizione :-) )? E' uno dei libri migliori fra quelli che ho letto di recente (ma ho grandi aspettative per un certo manoscritto ;-) )

Marta ha detto...

sì certo, Allie pensa te: ho visto OGGI il tuo commento! E' il 4 luglio. Andiamo bene.
La scusa per questo ritardo inaudito sta tutta nel fatto che ho trovato un varco spazio-temporale e sono precipitata per 16 anni nel 1950.
E' stato bellissimo. Proprio come il libro di King, veramente uno dei suoi migliori lavori da "Mucchio d'ossa" a questa parte.

baci!!


marta choppa