martedì, ottobre 04, 2011

Racconto del mattino dall'Alice

Stamattina tornavo da casa dell'Alice tutta contenta perché c'è un progetto divertente che sta partendo, ovvero io e l'Alice che ci vestiamo a righe e andiamo nelle biblioteche e nelle scuole a leggere delle fiabe ai bambini, poi l'Alice suona il suo violoncellone gigante, io mi invento delle scenette e alla fine i bimbi son contenti e noi stanche morte ma felici e, se càpita, con qualche euro in più da infilare nella custodia del violoncello e nelle tasche del capo dell'Hera.
Alcuni bambini mi piacciono, altri invece gli sparerei a vista con il bazooka caricato a pellet.
Il più delle volte, quelli a cui sparerei a vista hanno dei genitori allucinanti del tipo che non chiede scusa né permesso e urlano in biblioteca, mettono a soqquadro la stanzetta dei bimbi vuotando tutto il contenuto delle mensole per terra come fossero a casa propria e vanno via senza dire neanche "arrivederci", lasciando aleggiare le loro scie di casalinghitudine come petardi di peti al broccolo.
Però io e l'Alice abbiamo deciso lo stesso di donare qualche ora di gioia ai loro figli, che chissà a casa con quelle mamme orrende come soffrono.
Allora stamattina zompettavo per la via del centro centrissimo dove sta la sua nuova casa, che è poi uno di quegli appartamenti groviera tipici di Bologna, pieni di muri gialli e luce gommosa e i buchi affittati agli inquilini-studenti- topi che si annidano tra balconcini vista pakistano e trincee di calzini conquistanti la vetta di colline d'indumenti variamente stagionati.
Il suo buco, devo dire, è splendido: ha il parquet vecchissimo a spina di pesce, uan libreria di legno scuro di quelle senza ante, costruite da un inquilino vecchio almeno quanto il parquet (chissà se anche lui perde schegge di se stesso e si conficca nei piedi di chi lo calpesta...mi piacerebbe succedesse anche a me), un letto comodo e gniccante e la connessione flat; in più dal suo balconcino si vede anche il negozio di un parrucchiere.
Quelli che vivono con lei ancora non li conosce granchè bene, però sa che suonano tutti.
Stamattina ho anche fatto la cacca nel loro bagno e quando stavo ancora sulla tazza e ormai il danno era fatto mi sono accorta di una mancanza grave, ovvero la finestra.
No finestra, no ventola di aerazione: non è a norma! Com'è possibile tutto ciò?
Infatti la finestra a guardar bene c'era, sottoforma di pertugio chiuso da una grata velata da una tendina di cotone a garza, talmente piccola che l'avevo scambiata per un pezzo di carta igienica.
Comunque, a missione compiuta, ho spalancato la feritoia, mi sono lavata le mani con il Dove al cetriolo della Lidl e sono uscita alla chetichella.
Dopo cinque secondi è entrato un coinquilino musicista in bagno e chissà che aroma.
Sono morta di vergogna, ma non ha detto niente.
D'altra parte è una cosa naturale.
Dopo aver parlato con l'Alice di come fare per lasciare esplodere la nostra creatività in un mondo duro e arido che da noi vuole solo soldi e risultati
(nel mio caso, devo dire, per il momento ero già esplosa abbastanza ma lasciamo perdere),
tutta contenta l'ho abbracciata e abbiamo deciso di rivederci per preparare un bello spettacolino ai bimbi, la settimana prossima, salutandoci con un:
"ok allora in gamba, forza, facciamo quello che dobbiamo fare, liberiamoci (ehm...), pochepippe e siamo noi stesse con le nostre idee, viscere (ariehm), e tutto ciò che abbiamo dentro (che avevamo, dentro), che non serve altro per essere felici e fare quello che ci va".
Poi sono uscita e lungo la sua via ho trovato una bella pozza di vomito di quelle spesse quattro dita, qualche decina di bottiglie e lattine sparse ai piedi di una campana del vetro, insomma un inside-out bouleversè, ciò che di solito è meglio sia celato buttato fuori così, spatasciato a fiotti negli altrui gabinetti e per la strada, in bella vista, il manifesto del pudore lacerato.
Sono sempre stata così anch'io, e ogni post che ho scritto da cinque-sei anni a questa parte ne è la conferma: sono fatta che se mi succede qualcosa, bella o brutta, la devo raccontare, far vedere, la devo esprimere senza preoccuparmi delle reazioni che suscita.
Disgusto o diniego, rifiuto curiosità o attrazione: tutto ma non l'indifferenza.
E' tutto ciò che chiede una persona che per vivere si esprime: guardate bene, guardatemi dentro, più a fondo, da quest'angolazione è meglio, badate che adesso arriva il peggio, rifocillatevene,  poi reagite.
Magari dentro gli appositi spazi, se riuscite.
E adesso tutti siamo così, anche chi non ci è nato, adesso il mondo si è abituato a dire al resto che è fidanzato, divorziato, che si è appena lasciato con quello che una volta ha tanto amato, e che lavoro fa che cosa ama, cosa detesta, cosa pensa di qualsiasi cosa, cosa gli passa per la testa: adesso andrà a finire che chi si espone non è l'eccezione, e il trattenersi e il celare, e l'intimità, diventeranno la frontiera infantile picassiana da cercare e riscoprire e tentare di valicare per tutta la vita.
Comunque,
aspettando l'autobus per tornare in biblioteca a lavorare, sotto il portico dei Garganelli una vecchina col golfino rosa si è fermata e mi ha chiesto:
"quanti anni hai?"
e io ho risposto:
"ventisette"
e lei ha detto:
"perché hai un così bel vis... VENTISETTE? Non li dimostri mica sai, affatto. Auguroni, vè".
Non ho capito se prenderlo come un'offesa o un complimento.





(al posto di dove una volta andavo a far lezione di francese, quattro anni fa, adesso c'è la sede del Rotary. Anche questo è un segno dei tempi, mon dieu).

3 commenti:

Isabel ha detto...

riesci sempre a strapparmi un sorriso! che di questi tempi è qualcosa di impagabile! :)

Choppa ha detto...

Grazie Isabel, vale la pena continuare a scrivere sul blog proprio per questo.

Buhbuhbutter ha detto...

...e chi non fai sorridere con un racconto così! Mon dieu, pensavo che i bagni senza finestre (o quasi) ci fossero solo in Francia!
La maisoni NON du Monde ha lasciato il posto ai soci der miei cojoni, eh bambà!
SOno i segni della crisi(un po' di tutto), un po' come l'assenza del gruppo di supporto al concerto di Avril Lavigne.