lunedì, dicembre 27, 2010

In & Out


Ho in mente "Goodbye stranger" dei Supertramp da circa due giorni, da quando mi è balenata la nostalgica idea di riascoltarla perché, trovo, è molto più natalizia di "All I want for christmas is you" di Mariah Carey, che pure non scherza, con quel completino da babba natala e i gorgheggi a tette in gola.
Così ho passato il Santo Natale ad accendere luci, mantecare salse e sfornare tortini mugugnando "era presto ieri mattina, ero sveglio prima dell'alba, e me la sono davvero spassata stando qui, ma ora me ne devo andare, come un re senza castello e una regina senza trono, sono un amante mattiniero e mi devo muovere da qui".
Sempre meglio della lagnosissima War is over if you want it del povero John Lennon, grande classico della storpiatura da recita scolastica.
O di Michael Bublè.
Insomma, fuori palle appese all'albero, forno incandescente e odor di mandarini, dentro la storia di uno che siccome è libero e privo di legami si fa tutti quelli che incontra, gli dice gudbai e se ne va, senza rancore, anzi magari ci vediamo al prossimo concerto.
La dicotomia tra immagini e colonna sonora in questo periodo mi appartiene molto (e scusate l'improvviso termine colto, che di questi tempi non tutti apprezzano): fuori m'industrio a stirare tovaglie con su i pungitopo ricamati a punto croce, e dentro mi struggo dalla voglia di prendere a mazzate il mondo e dipingermi i capelli di viola e tagliarli quasi a zero come tanti anni fa, come quando la musica coincideva perfettamente con le azioni e i desideri.
Dentro avrei voglia di sbattere i piedi nudi sull'asfalto al ritmo dell'inizio di "Goodbye Stranger", e fuori vado dal parrucchiere a farmi fare i boccoli, mi accerto che il salotto sia in ordine e offro torroncini agli ospiti come nello spot del Mon Chéri.
A causa di quest'apparenza pacata, la gente ha cominciato a prendermi troppo sul serio.
Mi dice che ha paura di sbagliare i verbi, quando parla con me.
Mi dice che io sono una persona colta e intelligente e si sente stupida, a parlare con me.
Il mio parrucchiere, prima di farmi i boccoli, si sente in dovere di parlarmi di Magritte e del movimento della Scapigliatura (ora che ci penso, per nulla inadatto al suo mestiere).
Tutto quello che vorrei, quando mi siedo davanti a uno specchio grande così che m'ingrossa fino a farmi diventare un mastodonte che ha appena ingoiato il circo Togni permettendo a uno sconosciuto di infilarmi le mani nei capelli, è scegliere un Novella 2000 a caso, guardare le tette di Belèn, immergermi nella rutilante vita di Flavio Insinna e tutto il mondo fuori.
Invece no.
Se al mio parrucchiere chiedo se mi allunga per piacere un giornale, quello punta subito a "D" di Repubblica (che detesto, che trovo borioso e snob e pieno di roba inutile, e tra l'altro privo di tette nude), o al massimo mi mette in mano "Vanity Fair" e le opinioni radical chic della Bignardi.
E poi si mette a parlare di femminismo, legge 194, storia della musica e dell'arte figurativa.
Così a me, stordita dalla lacca, tocca abbandonare Belèn e annuire con aria intensa alle sue oblique idee sulla religione mussulmana.
Da dove pescherà mai, il mio acconciatore, l'impressione che me ne importi qualcosa?
Eppure.
Dentro una pozza d'alcool incendiata, fuori l'aria da intellettuale esigente.
Dentro solo la voglia di riascoltare i Rancid e fuori l'apparenza di un'intenditrice di musica sbilenca.
Dentro i 4/4, fuori il levare.
Fuori si prodigano a mostrarsi impegnati, dentro vorrei solo dire, a tutti, che
non c'è niente di più superficiale della mia profondità.


1 commento:

Penny Lane ha detto...

Anche le Choppe piangono....

Secondo me, però, è un bell'effetto quello che fai alla gente intorno a te: spingi a non seguire sempre la linea di minor resistenza. Il brutto è che poi non permettono di seguirla neanche a te! ;)
http://www.youtube.com/watch?v=I8JULmUlGDA
Go, Choppa, go!