martedì, aprile 27, 2010

é pure

Latito: cerco di scrivere qualcosa da consegnare agli editori Voras e la paranoia mi è indefessa compagna.
E se non gli piace? Se è brutto/noioso/banale?
La primavera, poi, mi rende agile e attiva come una lumaca bradipo dopo quattro piatti di melanzane fritte, auspico solo la pennichella, anelo il materasso, bramo la branda (questo è un famoso giuoco di parole inventato dal famoso Zio Panta. "Qual è il nome del santone hindi più pigro del mondo? Bramanabranda!").
Fuori fa caldo ma non troppo, è come se tutto fosse coperto da una trapuntina leggera che spesso alza un lembo e fa passare quel refolo benedetto di brezza freschissima; come se un gomitolo di lana venisse squarciato da un getto di Sprite fredda ma non ghiacciata, non so se ho reso l'idea, no non l'ho resa, non riesco più a scrivere, vedete? Devo dormire ancora un po'. Comunque, in qualsiasi modo sia il mondo fuori, sembra solo gridarmi: DORMI.
Ma non posso. Ho troppa carne al fuoco in ogni campo della mia piccola vita (piccola vita e larghi fianchi, nella migliore tradizione di Willendorf), devo cominciare/cambiare/rivoluzionare/abbandonare un bel po' di roba e non ho nemmeno le energie sufficienti a prepararmi un altro caffè.
Dicono sia anche mancanza di magnesio, il che potrebbe essere: la notte mi prendono certi crampi ai polpacci da togliermi il fiato. Anzi, da lasciarmene quel tanto che basta a sussurrare un porcodieu prima di svenire.
Dovrei prendere quelle bustine di Briovitase che tengo sulla credenza, una al giorno dopo il pasto principale.
Il punto è: qual è il mio pasto principale?
Non mi va nemmeno di cucinare: pesco una banana (ricca di magnesio!), angurio una manciata di mandorle (idem!), bevo caffè (malissimo!), spilucco un po' di fragole e la sera, il più delle volte, vado a cena fuori oppure ordino con voce bukowskyana un paio di allumini del cinese.

In compenso, ho una voglia matta di scrivere dell'infanzia. Ecco, ho paura di rendere la cosa noiosissima, ritrita, talmente lirica da risultare tenòrica, eppure.
Temo davvero che gli editori leggano, si guardino reciprocamente nelle palle degli occhi lasciando sedimentare un giudizio muto e inappellabile sulle prime cinquanta pagine, scuotano la capoccia (uno) e il berrettino (l'altro), alzino la cornetta, mi chiamino e dicano "fa cagare".
Eppure, eppure.
Ho in mente quelle scene, quelle atmosfere, forse una storia, delle sensazioni, e ci credo.
Forse faccio male, eppure le ho e le metto giù.
Nel frattempo, tutto il resto va un po' alla malora e son convinta di farci troppo affidamento, a questa cosa dello scrivere, eppure.
Tanto, credo lo sapremo presto.


2 commenti:

ZIO ROBBO ha detto...

Ciao Marta. Vorrei tanto teletrasportarmi e trovarmi lì vicino a te per poterti parlare. Incoraggiare. Confrontare. Ascoltare.

Dal basso della mia esperienza posso dirti solo di scrivere quello che vorresti leggere, senza pensare a null'altro.
Questo è quello che faccio ogni giorno. Lo sai. Sembra tanto scoprire l'acqua calda, me ne rendo conto.

Le tue parole, le tue parole...
Coraggio.

Zio Robbo

Choppa ha detto...

Grazie, speriamo di farcela!