martedì, ottobre 20, 2009

Diario di una Praga (Parte I)


Lunedì 5 ottobre

Seguendo le istruzioni riportate sulla prima pagina della Routard, ci rechiamo dall'aeroporto Ruzyne all'albergo Quality, nel quartiere Vinohrady. Sì, fa rima. Sì, è l'unica cosa allegra in questo momento. 
Sono le nove del mattino: ci sono dieci gradi, una pioggerella gelidina e quattro pesanti valigie ai nostri piedi. Le nostre membra intorpidite dal clima ceco già pregustano il tepore della camera che ci attende, le lenzuola asciutte, le saponette intatte sul ripiano di cristallo del bagno.
Ci avviciniamo fiduciosi al panzone del receptionist.
La stanza non sarà pronta prima delle 14.
Partiamo vitali come amebe sciroppate alla volta della città.
Giretto a Mala Strana coi piedi gonfi e strascicanti, pranzetto leggero a base di zuppa d'aglio e stufato di goulash in una taverna vuota d'habitués, passeggiatina digestiva sul Ponte Carlo intasato di turisti zainati e mezzo mangiato da una serie di lavori in corso, e rientro in albergo, dove moriamo per risorgere solo sette ore dopo, in tempo per ingurgitare una corroborante cotoletta con maxipinta di Musketyr in un pub nella zona dell'hotel.

Martedì 6 

Mattina: colazione in hotel a base di yogurt, pane e burro e cioccolata calda. Dopo una rapida occhiata al bancone self service opteremo, le prossime mattine, per un più congruo pasto a base di uova strapazzate allo strutto, salsicce e caffè paludoso.  Opzione che diventerà imperativa una volta svenuti davanti alla Torre dell'Orologio, in preda alla rota di grassi saturi, tremando per il progressivo abbassarsi del livello di caffeina attendendo lo scoccare del mezzogiorno. I soliti italiani.
Giretto per la piazza di Stare Mesto.
Seconda colazione riparatrice a base di grassi saturi e caffeina da Starbucks (dove un caffè "solo", alto mezzo dito, costa come un pasto intero a base di stinco di bue e caviale di storione del Danubio).
Ulteriore giretto per la piazza, dove ci lasciamo incantare dal botteghino ambulante che vende biglietti per escursioni turistiche. Ne compriamo due per la città di Konopiste e la fabbrica della birra autoctona Velkopopovicky Kozel, così buona che ne bevi una pinta in meno tempo di quanto te ne occorra pronunciare  le parole Velkopopovicky Kozel.
Poi,  la città vecchia, a zonzo per il quartiere ebraico e partenza verso il castello,che da lassù invita tutti i visitatori a mollare la frenesia che permea le classiche vie del turismo e raggiungere la vetta del quartiere Hradcany per goderne lo splendido panorama.
Goduta dello splendido panorama e pranzo in via Nerudova.
Mangiamo porco come porci.
La sera, passeggiata sul Ponte Carlo un po' meno intasato di turisti zainati, e ancora nella città vecchia...quelle guglie della cattedrale di Tyn non la smettono di stupirci.
Che romanticismo, che atmosfera, che angoscia nel correre all'hotel pensando che l'indomani, alle 10 mattutine, ci aspetta l'escursione...


Mercoledì 7 

Cosa credi, che sia una vacanza? Questa è una fottuta guerra, soldato!
Il pulmino che dal vistoso botteghino ambulante ci porterà  al castello di Konopiste, residenza estiva di Francesco Ferdinando d'Este, e da lì alla fabbrica della Velkopopovicky Kozel, ospita un altro paio di coppiette piene di aspettativa e una guida che parla un inglese temperato con l'accetta.
Dopo una mezz'oretta di viaggio attraverso la meravigliosa campagna ceca, così dolce e ppure dura, così ricca eppure scevra (niente a che vedere comunque con i dintorni di Zola....quelli  che son posti...) , punteggiata da meravigliosi cartelloni pubblicitari cechi e lussureggianti fabbriche di pneumatici cechi, arriviamo al castello Konopiste, passando accanto a uno stupendo bosco con laghetto che farebbe la gioia di qualsiasi locationist.
Visitiamo il castello assieme a un gruppo di cariatidi in libera uscita; vediamo splendide sale e rifiniture, impressionanti collezioni di trofei di caccia (orsi appiattiti su parquet centenari, corna, musi appesi, sembra La casa delle libertà).
Nella stanza da letto reale, un albero genealogico della famiglia asburgica illustra come l'incesto sia diventata pratica proibita, nonché alcune chiare discendenze con alcuni delle suddette catatoniche cariatidi.
Dopo la visita, giusto il tempo di pisciare quei tre/quattro litri di birra che ormai ristagnano in noi come acquitrini mai spurgati e siamo pronti a stufarci nel pulmino (riscaldamento fisso in modalità "bollitura goulash"), alla volta della fabbrica di birra.
Visita alla fabbrica di birra, con annessi e connessi quali: enormi essiccatoi, silos di rame, odore d'orzo e operai indefessi. 
Assaggio di birra (pessima. La Kozel è buona solo scura, ora lo so).
Ritorno a casa con piedi cotti e azzannata clandestina di panino sul pulmino.
Non paghi, giriamo per la Città Nuova e io mi pappo un altro panino con polpette da Subway (del tutto superfluo). 
Giro in centro e cena (ormai perdendo lembi di carne come i lebbrosi), nei pressi di piazza Venceslao. Dietro di noi, pronti ad affrontare, prima di crollare a letto, diversi piatti deliziosi a base di manzo sugoso, passa una delicata signorina che c'impartisce un'estemporanea lezione di storia: "Eh pecché qui me sa scé stata...'a primavera de Praga. Penzo".
Piombiamo in un sonno senza sogni.


Giovedì 8

A braccetto con i postumi della gita, ci rechiamo alla scoperta del quartiere ebraico.
Così pieno di storia, di significato, di cultura, di studentelli con le pigne nel cervello che ciondolano sui gradini delle sinagoghe scrostando i tasti dell'I-pod e i maroni di chi è costretto a scavalcarli per entrare nei luoghi di culto. Comunque.
La Kippah obbligatoria vola continuamente via dalla testa della metà maschile (Marco), e c'è uno scazzo per le insistenze a stare attento e avere rispetto del luogo da parte della metà femminile (io), cosicché il cimitero ebraico vede, come se non bastassero gli strati di morti, anche un pezzetto del nostro idillio amoroso incrinarsi un po'.

Nel pomeriggio, dopo una lenta riappacificazione, visitiamo la sinagoga spagnola e pranziamo nel self service a buon mercato e pessimo grado di digeribilità dietro Stare Mesto, giriamo per le bancarelle strategicamente piazzate a portata di coppie irritabili e dentro un negozio di vestiti di seconda mano.
Altra visita al castello sotto la pioggia, la cattedrale che cola acqua come inchiostro, il Vicolo d'Oro deserto come una speranza disattesa, e per non disattendere neanche il mood della giornata, litighiamo di nuovo, per fare pace poco dopo baciandoci sulla Tomasska (non è troppo scandaloso; non come farlo sulla Karmeliska, comunque).
La sera, Città Vecchia (dannate guglie, vi amo) e, ancora ruttando aglio dal pranzo, ceniamo in un ristorante vuoto e buonissimo (involtini di pollo e salmone affumicato sublimi), lasciando svariate corone di mancia alla cameriera simpatica e in lacrime. 
Giornata umida.

2 commenti:

DRESSEL ha detto...

bello, bello, bello!!! eppoi?
praga l'ho adorata, a suo tempo. ci comprai una strega-marionetta, ma siccome mi faceva paura, la chiusi in un cassetto.
è ancora lì.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu