mercoledì, gennaio 07, 2015

Vittorie di fine d'anno

Amici, 
ve la siete passata durante queste feste?
Avete pianto ma anche giocato e amato?  Avete riso, ma anche lasagne e tortellini?
Spero di sì; io mi sono data alle pazze cene e alla pazza bronchite, nell'attesa di buttarmi a pesce in un anno incredibile. 

Così come incredibilmente ho portato a termine il 2014, nel senso che per poco non ci rimanevo secca.
Dev'essere qualcosa legato al mio karma, o a superiori piani astrali, non lo so, ma da qualche tempo, ogni fine d'anno porta per me grandi sfide e grandi attacchi tachicardici, eventi al fulmicotone, come se dodici mesi si riunissero tutti nell'ultima settimana prima di gennaio per darmi l'addio, scannandosi come fan premute alle transenne. 
Si dice, d'altra parte, che una lampadina prima di fulminarsi brilli della luce più intensa; che il sole prima di tramontare sprigioni il suo potente raggio verde, che la notte prima di rischiararsi diventi più buia. 
Certo, certo.
Però facciamo che anche basta. Facciamo che i prossimi due, tre, dieci, quindici mesi di dicembre li possa passare a cuore in pace e pancia all'aria, pensando a nient'altro che a ritagliare biscotti e impedire che l'albero caschi sotto gli attacchi felini.
E' chiedere troppo?
E' pretendere l'impossibile non lottare ogni fine d' anno contro malattie mie o altrui?
Può succedere in luglio, forse, anche se cade il mio compleanno.
O a settembre, anche se le passeggiate sono belle.
O a maggio anche se ci sono i pic nic, o tra marzo e aprile, ma si scartano le uova.
Il dolore può arrivare quando vuole, dico io. 
La mattina col profumo della colazione. 
I giovedì d'autunno quando si esce dalla biblioteca con un libro sotto il braccio. 
Oppure a febbraio, nel pieno dell'inverno, tanto si è pronti a guardarlo da dietro le finestre, come la prima neve. 
Sarebbe bello che arrivasse ogni tanto, per cambiare, in un periodo in cui non me lo aspetto.
Invece ai primi di dicembre, come ogni anno, eccolo. 
Eppure quest'anno è stato diverso. Ha portato con sé una grande convinzione. Forse già sapeva, quel dolore lì, di farmi più che spavento, ridere. 
C'hai provato, dolo'. 
Sono stata io, questa volta, a metterti addosso una paura del diavolo. 
Quasi quasi mi ha fatto tenerezza, vederlo rinsecchire come una spugna sotto il sole cocente della mia convinzione che tutto sarebbe andato per il meglio. 
E' stato l'ultimo colpo di coda di un anno tutto speso a imparare a non avere più paura. Di niente. Ma di niente davvero: del giudizio, del rimanere senza soldi, del non scrivere più, della morte, del futuro, di me stessa.
Non temo più niente, ragazzi, sono pronta a qualsiasi cosa. 
Anche a cambiare idea, nello spazio di poche righe, sul non chiedere più una fine d'anno come questa. 
Che vengano, queste preoccupazioni, che venga il dolore. 
Tanto io sono armata fino ai denti.  Quando si hanno le prove che non ci sia niente di più meraviglioso dell'esistenza ogni giorno, quando dopo due anni di lotte si arriva alla convinzione che nulla che non sia fantastico ci attende nella vita, compreso il dolore, perché sta lì solo per essere sconfitto, allora il 2015 ci si apre davanti come un'infinita distesa di albe d'argento.*

(potente, eh? Lo so, quest'immagine poetica vi è offerta gratuitamente dalla Choppa, ispirata da una colazione combo Snickers della Befana + mandarino e dal fatto che tiè, brutta stronza di una emorragia cerebrale senza speranze di guarigione, mia nonna  si è ripresa da Dio. Ti adoro, nonna. Ti adoro, Snickers. 
Adoro il fatto che io non abbia mai dubitato che ce la facessi).
E che la vita, così come il cioccolato, non mi abbia delusa.





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